domenica, Novembre 24, 2024
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Economia, ingegneria, medicina: sono queste le lauree più ricercate dalle aziende che intendono assumere entro il 2013. Lo evidenzia il sistema Excelsior-Unioncamere. La crisi opera una selezione al rialzo: per chi ha il famoso ‘pezzo di carta’ le opportunità di lavoro sono quasi il 60% del totale programmato. In pratica, su 367mila assunzioni non stagionali previste dalle imprese, 58mila sono riservate ai laureati, 160mila ai diplomati, in crescita rispettivamente dell’1,4% e del 2,6% rispetto al 2012.

Meno posti di lavoro, ma più qualificati. E’ una selezione al rialzo quella che la crisi sta operando nelle assunzioni che le imprese private vogliono realizzare nel 2013. Dall’analisi degli indirizzi di studio più ricercati dalle aziende, le quote di assunzioni riservate a laureati e diplomati si attestano rispettivamente al 15,9% e al 43,5% del totale di quelle programmate, in aumento rispetto al 2012, rileva Excelsior (sistema informativo Unioncamere- ministero del Lavoro). Tra i laureati, i più ricercati continuano ad essere quelli che hanno scelto un indirizzo di laurea in economia (17.040 assunzioni, il 29,2% di tutti i laureati cercati dalle imprese), seguiti dai colleghi di ingegneria elettronica e dell’informazione (7.600 assunzioni, il 13% di quelle con laurea) e da quelli con indirizzo di studi sanitario e paramedico (4.790, pari all’8,2%). Tra i diplomati, l’indirizzo di studi più ricercato in assoluto è quello delle discipline amministrative e commerciali (37.640 assunzioni, il 23,6% di quelle per cui serve un diploma), seguito dall’indirizzo meccanico (14.890, il 9,3%) e da quello turistico-alberghiero (10.870 le entrate, pari al 6,8% dei posti disponibili ai possessori di un titolo di studi secondario e post-secondario). ”La domanda di lavoro delle imprese è la foto fedele delle prospettive del tessuto produttivo nazionale – dice il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – In questi anni, l’Italia è rimasta competitiva grazie alla qualità che sa produrre e alla capacità delle sue imprese più dinamiche di esportarla sui mercati mondiali. Per queste, la sfida si gioca al rialzo e dunque crescono i fabbisogni di personale altamente qualificato e già preparato ad essere operativo in azienda. Chi invece non riesce o non può agganciarsi ai percorsi della globalizzazione, perché il suo orizzonte è il mercato interno, si vede costretto a ridurre gli investimenti su nuove risorse umane. E’ un ulteriore segnale che, se non si fa uno sforzo straordinario per rilanciare la domanda interna – aggiunge Dardanello – si rischia di impoverire il capitale più prezioso di milioni di piccole e piccolissime imprese, che è dato dalle persone che ci lavorano”.

Ansa

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