TORRE ANNUNZIATA- Otto arresti per associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti, estorsione, detenzione e porto illecito di armi, tutti aggravati dalle finalitĂ mafiose. Gli arresti sono stati eseguiti dai carabinieri di Torre Annunziata. L’indagine è stata avviata  nel febbraio  2015 a seguito del tentato  omicidio  di Giuseppe Leo e ha documentato la persistente operativitĂ del clan camorristico  “Gionta”  (radicato  a  Torre Annunziata e comuni limitrofi), dedito ad una  pluralitĂ Â di  attivitĂ Â delittuose  e forte  di  una vasta rete di affiliati. E’ stata ricostruita  la  dinamica  dell’agguato  a  Leo ,  verso  il quale vennero esplosi diversi colpi d’arma da fuoco, uno dei quali lo colpì alla testa, ed è stato individuato movente ed  esecutore  dell’azione  delittuosa:  la  morte  del  Leo  era  stata  ordinata dai vertici del clan, che avevano inviato un gruppo di fuoco composto da due killer a bordo di una  moto  e armati di pistola,  a compiere un  agguato eclatante, in quanto maturato  in un’area di servizio in pieno centro urbano a Torre Annunziata. La morte del Leo, colpevole di essersi ribellato al pagamento di una tangente richiesta quale “regalo di natale per i carcerati”, doveva rappresentare un monito,  per  tutti,  a  non  disobbedire  al  clan  rifiutandosi  di  pagare lestorsione.
L’attivitĂ investigativa ha inoltre documentato l’ascesa  criminale  del 40enne Pietro Izzo desideroso di scalare i vertici del clan Gionta, individuato quale capo del gruppo camorristico riconducibile a quel clan, esecutore  materiale  dell’omicidio di Leo  ed investito del ruolo di referente del giro delle estorsioni per conto del sodalizio a Torre Annunziata. Imponeva ilpagamento, il regalo per i carcerati, mediante la forza di intimidazione che incute un clan storicamente temuto dalla popolazione. Diverse le estorsioni documentate, compiute per mezzo di emissari che minacciavano imprenditori e commercianti di Torre Annunziata,  costretti  ad  elargire  somme  di denaro  per  il sostentamento  degli  affiliati  detenuti e loro familiari, per il pagamento delle relative spese legali e processuali, o costretti a fornire servizi e prestazioni gratuite, con frasi del tipo 11se vuoi lavorare tranquillo prepara la busta”, oppure “qua ci vuole il regalo di pasqua”, a cui seguiva la raccomandazione di ricordarsi di avere a che fare con 11quelli dell’Annunziata”, oppure 11mi manda il palazzo”, per essere immediatamente riconosciuti dalla vittima quali  appartenenti  al  clan  Gionta,  che  proprio  in quel  quartiere  aveva  la  sua  roccaforte,  il palazzo  Fienga.  Immediate  le  ritorsioni  in  caso  di rifiuto da parte delle vittime, come nel caso di una societĂ di trasporti oplontina, che proprio per non aver ottemperato alla richiesta di un regalo di Pasqua per quelli del palazzo, a marzo 2015 venne danneggiata con l’esplosione di diversi colpi d’arma da fuoco alla sede della societĂ . Mandante era lo stesso Izzo, mentre gli esecutori materiali Salvatore Buonocore e Salvatore Bevilaacqua, furono arrestati dai Ccrabinieri il 7 aprile 2015 in esecuzione di fermo di indiziato di delitto emesso dalla DDA partenopea.
Fra gli affari illeciti del gruppo di giontiani capeggiato da Pietro Izzo (che si occupa di organizzare e gestire il traffico nell’ambito e per conto della cosca) vi è un fiorente traffico di sostanze stupefacenti – cocaina, marijuna e hashish – a cui gli indagati partecipano secondo un ruolo ben definito e individuato precisamente dagli inquirenti. Un’associazione strutturata in modo stabile ed in possesso di mezzi, strutture logistiche ed operative e risorse finanziarie notevoli. Tra gli accoliti vi sono coloro che provvedono all’approvvigionamento dello stupefacente, quelli che si occupavano di preparare i percorsi piĂą sicuri per i corrieri, chi si occupa di procacciare clienti per la vendita dello stupefacente e, infine, i vertici dell’organizzazione, che detenevano la contabilitĂ degli incassi. Il traffico era finalizzato a rifornire i gestori delle piazze di spaccio di Torre Annunziata, imponendo a quest’ultimi il versamento nelle casse del clan di una quota dei proventi.
Ad aggravare I’associazione la grande disponibilitĂ di armi. Agli indagati viene riconosciuto l’uso spregiudicato di armi da fuoco nei confronti dei nemici o di coloro che non volevano pagare le estorsioni, come dimostrato nei casi sopra descritti.