NOLA- Sit-in in difesa dei medici dell’ospedale Santa Maria della Pietà di Nola. Si svolgerà mercoledì 11 gennaio alle 11.15 all’ingresso del Pronto soccorso ed è organizzato dai sindacati. La manifestazione mira a far arrivare la solidarietà dei cittadini nei confronti del personale del nosocomio finito da domenica alla gogna dopo le immagini dei pazienti curanti a terra per mancanza di letti e barelle. Intanto divampa ancora la polemica.
L’annuncio del licenziamento dei responsabili del Pronto soccorso di Nola, dopo le scene di malati sdraiati a terra per assenza di letti e barelle, è «semplicemente vergognoso». All’indomani dello ‘scandalo’ suscitato da quanto accaduto nel nosocomio campano, i sindacati salgono sulle barricate e dicono ‘no’ alla «gogna alla quale i medici sono quotidianamente sottoposti, in attesa da 8 anni del rinnovo del contratto ma nonostante ciò sempre in prima linea a salvare vite umane in condizioni spesso estreme».
I medici lavorano oggi in situazioni «sempre più precarie e la vicenda di Nola dimostra solo la bravura dei nostri professionisti che hanno comunque evitato morti in quelle precarie condizioni», afferma Costantino Troise, segretario del maggiore dei sindacati dei medici dirigenti, l’Anaao-Assomed, chiedendo l’autosospensione del presidente della Giunta regionale della Campania, Vincenzo De Luca. Non è insomma ‘colpa’ dei camici bianchi se a Nola i malati devono essere sdraiati per terra in attesa di un letto, rileva l’Anaao, e le responsabilità «sono di altri». I medici, spiega Troise, «lavorano oggi con un contratto scaduto da 8 anni: ciò significa che gli stipendi sono bloccati dal 2009, senza alcuna possibilità di progressione, e molto spesso persino lo straordinario fatto non è retribuito né recuperato. Avendo infatti la politica tagliato organici e risorse, ci sono sempre meno medici e si fatica a recuperare, anche se di contro aumentano i carichi di lavoro soprattutto nei Pronto Soccorso».
Così, ciò che è accaduto a Nola è in qualche modo «inevitabile»: «In Campania – sottolinea Troise – non si fanno concorsi da 10 anni e all’ospedale di Nola credo ci siano un centinaio di posti letto per 600mila abitanti; in queste condizioni, si ha difficoltà anche nei tempi di smistamento dei malati, oltre che di ricovero». E se non ci sono posti letto disponibili, incalza, «bisogna necessariamente accontentarsi di barelle, sedie, poltrone o scrivanie, se va bene, e del pavimento se va male». Insomma, avverte il leader sindacale, «è già un miracolo che in quelle condizioni non ci siano stati dei morti e bisogna invece essere orgogliosi del lavoro fatto dai medici, dato che il numero dei posti letto non è certamente deciso da loro». Per questo, è la posizione dell’Anaao, «scaricare la responsabilità su chi fa di tutto per salvare vite umane è inaccettabile».
Sulla stessa linea la presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), Roberta Chersevani, che estende un ‘graziè a tutti i medici italiani che, afferma, «sono sempre di meno, molto maltrattati, sempre più anziani, sempre più affaticati e a disagio, sempre più giudicati e poco compresi». Duro anche il giudizio di Cgil nazionale e Funzione pubblica Cgil: «È sbagliato indicare a dito dei capri espiatori di fronte ad un caso drammatico, occorre invece individuare la responsabilità politica di quanto accaduto e interrogarsi sulle cause che hanno portato a quanto abbiamo visto a Nola». Perché le responsabilità, conclude il coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, Tonino Aceti, «sono tanto a livello di struttura sanitaria che di Regione. Non si può mettere i cittadini di fronte alla scelta tra il non essere assistiti o esserlo ma sdraiati a terra».
«Andiamo avanti con la salute gestita dalla politica, facciamoci del male! Era nell’aria, sarebbe prima o poi successo e non è solo un problema della Campania. I danni dei politici ormai sono stati fatti. Ci hanno raccontato favole in tutti questi anni a partire dal 1992 quando ci dissero che bisognava cambiare, la sanità così come era gestita non poteva andare avanti, troppi sperperi, sprechi, inefficienze e troppa ingerenza politica nelle scelte della sanità». Così il coordinatore nazionale del Coordinamento sindacale professionisti della sanità (Cosips), Ernesto Cappellano, commentando in una lettera aperta il caso.
«Si doveva rimodernare il nostro Servizio sanitario nazionale – scrive Cappellano – farlo diventare efficiente ed efficace, procedere alla aziendalizzazione delle Usl e farle diventare Asl con un direttore generale responsabile unico svincolato dai partiti e scelto con criteri manageriali. Su questo ci avevamo creduto, ma sappiamo tutti come è finita e come sta andando. Poi ci raccontarono che era meglio un sistema sanitario federalista, dove ogni Regione potesse decidere autonomamente e programmare tenendo conto dei Lea e passammo da un Ssn a 20 Ssr e anche in questo caso sappiamo il risultato».
«Ci dissero poi che le spese per la sanità erano troppe – osserva ancora – e cominciarono a ridurre il personale, precarizzarlo, tagliare i posti letto, meglio se pubblici, chiudere ospedali, quelli piccoli sono dannosi, e ragionare investendo su prevenzione e territorio. Risultato: solo tagli, interventi di facciata per il territorio, apertura di inutili Case della salute, zero investimenti sulla prevenzione. Però guarda caso il deficit non è mai sceso, anzi. E a furia di tagliare, i pronto soccorso rimasti attivi sono presi d’assalto, soprattutto nei picchi epidemici, e non riescono a smaltire nei reparti i pazienti che necessitano di ricovero in quanto taglia di qua, taglia di là, i posti letto, soprattutto di medicina e post-acuzie non sono sufficienti».
«E allora si assiste al ratto delle barelle delle ambulanze – prosegue Cappellano – tanto se l’ambulanza pubblica rimane ferma può lavorare quella privata, ma gratta gratta anche le barelle delle ambulanze finiscono e che deve fare un medico del pronto soccorso, mettere il cartello chiuso per esaurimento posti? Non può non intervenire, non può omettere un soccorso – ribadisce il coordinatore Cosips -. Lo impone il codice deontologico e anche il codice penale, e se agisce in scienza e coscienza cercando per prima cosa di salvare la vita del paziente con quello che ha a disposizione ha fatto il suo dovere».
«Ma poi arriva un signor De Luca», incalza Cappellano, «quello che è governatore della Regione e dovrebbe investire i soldi dei cittadini per programmare i posti letto dove c’è necessità e fornire una buona ed equa sanità», che «esce con un penoso licenziamo i medici. Basta! La situazione non è più tollerabile. Accusare i medici delle disfunzioni create dalla politica non è più accettabile».
«Invito tutte le organizzazioni sindacali mediche e la Fnomceo ad organizzare una manifestazione di protesta a Napoli nei prossimi giorni e chiedere a gran voce le dimissioni di De Luca – conclude – e invito la magistratura a valutare questo stato di emergenza quale attentato alla salute pubblica per la ricerca dei veri responsabili prima che sia troppo tardi».