ROMA – La Cassazione detta il vademecum del buon padrone a passeggio con il cane. Quando si è per strada, avverte la Suprema Corte, è bene tenere il proprio animale “al guinzaglio” o comunque “intervenire con atteggiamenti tali da farlo desistere quantomeno nell’ immediato” dal fare i bisognini sui muri di affaccio degli stabili o sui mezzi parcheggiati. Nell’impossibilità di vietare al cane di fare pipì, diversamente si dovrebbero mettere in atto azioni “al confine del maltrattamento”, è bene portarsi dietro una bottiglietta d’acqua per ripulire. La Seconda sezione penale (sentenza 7082) è scesa in campo in quanto la questione, si legge nella sentenza redatta da Marco Alma, “coinvolge interessi diffusi nella vita quotidiana nella quale si contrappongono i diritti e gli interessi di milioni di persone divisi tra la legittima tutela dei beni di proprietà e la posizione di chi accompagna animali da compagnia sulla pubblica via”.
In particolare, la Suprema Corte si è pronunciata sul ricorso ai soli fini civili, bocciato, del proprietario di un edificio storico di Firenze posto in via Maggio con facciata laterale su via dei Velluti che si era opposto all’assoluzione di Massimiliano N., dal reato di deturpamento “perchè il fatto non costituisce reato” per avere consentito al proprio cane di orinare sulla facciata del suo edificio. Il padrone del cane era stato condannato invece dal Giudice di pace di Firenze. Assolto invece dal Tribunale di Firenze, nel febbraio 2013, anche sulla base del fatto che l’uomo aveva con sè una bottiglietta d’acqua e usò il contenuto per pulire il muro. La Cassazione, convalidando il giudizio d’appello, ha colto l’occasione per ricordare che “è dato di comune esperienza che, per quanto l’animale possa essere ben educato, il momento in cui lo stesso decide di espletare i propri bisogni fisiologici è talvolta difficilmente prevedibile, trattandosi di un istinto non altrimenti orientabile e comunque non altrimenti sopprimibile mediante il compimento di azioni verso l’animale che si porrebbero al confine del maltrattamento”. Tra l’altro, annota ancora la Cassazione, “non sempre le autorità locali sono in grado di predisporre luoghi appositi dove gli animali possano espletare bisogni e comunque non piò essere escluso che gli stessi decidano di espletare tali bisogni altrove o prima del raggiungimento dei luoghi deputati”.
Ecco allora che deve prevalere il “senso civico” del padrone del cane: “l’unica limitata sfera di azione che compete a chi è chiamato a condurre sulla pubblica via gli animali è quella di ridurre il più possibile il rischio che questi possano lordare i beni di proprietà di terzi quali i muri di affaccio degli stabili” o le auto parcheggiate. E’ bene, dunque, consiglia la Suprema Corte, “legarle” i cani “al guinzaglio o comunque intervenire con atteggiamenti tali da farlo desistere quanto meno nell’immediatezza”. Diversamente, si può imputare al proprietario “sciatteria o imperizia nella conduzione dell’animale”, tutte situazioni riconducibili, comunque, ” a colpa ma non certo al dolo”. In caso di presenza di danni, la Cassazione non esclude che il proprietario dell’edificio che si ritiene danneggiato non possa adire il giudice civile per chiedere un risarcimento. (ADNKRONOS)