Un messaggio sulla carità e sulla solidarietà, ma anche un durissimo atto di accusa, quello che quest’anno il vescovo di Nola ha indirizzato ai fedeli della sua Diocesi in occasione della memoria liturgica di San Paolino, patrono di Nola e protettore della diocesi. Padre Beniamino Depalma pone l’accento sui gravissimi problemi sociali che la comunità che amministra oggi si trova a dover affrontare. Accuse gravissime: “Il nostro territorio è oggi il regno incontrastato degli strozzini, dei cravattari, degli usurai? Centinaia di famiglie e commercianti sono stritolati. La disperazione li ha condotti sull’uscio dell’inferno. Una fiamma li ha immediatamente avvolti. Dei loschi figuri senza coscienza si sono appropriati dei loro soldi, delle loro case, dei loro affetti, dei loro sogni, del loro futuro. San Paolino griderebbe di rabbia e di vergogna, e si rivolgerebbe a noi, “gente per bene”, per chiederci con crudezza: cosa state facendo?”.
Il presule torna sulla piaga dell’usura che attanaglia il territorio, accusa la “disumanizzazione” del territorio nolano, e propone una soluzione: “Possiamo aprire le finestre delle nostre case ormai diventate fortezze. Guardare in faccia le persone. Individuare per tempo i casi al limite della disperazione. Segnalarli alle istituzioni, ai servizi sociali, alle parrocchie, alla Caritas, alle associazioni laiche e cattoliche antiracket. Una comunità non è tale solo quando festeggia il Santo Patrono. Una comunità è tale quando sa essere un collettivo e un collettore di speranza”.
Un messaggio che mira a scuotere le coscienze perchè si riscopra la scelta del Vangelo come scelta radicale, scelta che non prevede compromessi. Un messaggio che invita alla conversione con parole dirette anche a quanti delinquono.
Ecco il testo del messaggio:
Carissimi,
la porta di casa di San Paolino era la porta della carità e della solidarietà. Chi aveva fame, chi aveva sete, non aveva nemmeno bisogno di bussare. Entrava, era accolto, riceveva pane, acqua, conforto, Parola. Cosa trova oggi chi è in difficoltà e bussa alla nostra porta? Un piatto caldo? Una bevanda dissetante? Un sostegno economico e morale? Oppure sottospecie di uomini pronti a usare le difficoltà per distruggere i loro fratelli? Il bene c’è. Tanti preziosissimi invisibili, intorno a noi, fanno ogni giorno il loro dovere per rendere migliore la città. Ma c’è anche il male, è forte e ha un nome terribile: usura. È un male soffocante. Organizzato. Spietato. Spregevole. È il braccio violento e terrificante della camorra. Non ha nulla di nobile. È un cancro. È la negazione del Vangelo, è la negazione della Parola di Dio che propone accoglienza, generosità, gratuità, amore, giustizia.
Ogni giorno ricevo tante persone disperate e tante richieste di aiuto. In ciascuno di quei volti leggo una profonda e totale solitudine. Forse oggi la diocesi di Nola non è più la casa aperta di San Paolino? Il nostro territorio è oggi il regno incontrastato degli strozzini, dei cravattari, degli usurai? Centinaia di famiglie e commercianti sono stritolati. La disperazione li ha condotti sull’uscio dell’inferno. Una fiamma li ha immediatamente avvolti. Dei loschi figuri senza coscienza si sono appropriati dei loro soldi, delle loro case, dei loro affetti, dei loro sogni, del loro futuro. San Paolino griderebbe di rabbia e di vergogna, e si rivolgerebbe a noi, “gente per bene”, per chiederci con crudezza: cosa state facendo? Perché non siete corsi voi in soccorso di queste persone? Paolino ne chiederebbe conto a ciascuno di noi, come cittadini, e alle istituzioni chiamate alla prevenzione, alla repressione e alla solidarietà. Paolino ci spingerebbe a dire “basta” a silenzi, timidezze, paure, omertà, connivenze.
Svegliati, Chiesa di Nola. L’egoismo e l’indifferenza ci stanno disumanizzando. Ci garantiamo la quiete privata, ma chiudiamo gli occhi sulle grida lancinanti dei nostri concittadini. Beh, così non arriveremo da nessuna parte. Il danno morale alla nostra terra è enorme, e quello economico non è da meno. Si disperdono risorse umane, capitali, ricchezze che potrebbero servire al benessere di tutti, e non all’ingordigia di pochi delinquenti. Cosa possiamo fare? Molto, moltissimo. Possiamo aprire le finestre delle nostre case ormai diventate fortezze. Guardare in faccia le persone. Individuare per tempo i casi al limite della disperazione. Segnalarli alle istituzioni, ai servizi sociali, alle parrocchie, alla Caritas, alle associazioni laiche e cattoliche antiracket. Una comunità non è tale solo quando festeggia il Santo Patrono. Una comunità è tale quando sa essere un collettivo e un collettore di speranza. Quando ciascuno si sente parte di un tutto da salvaguardare, difendere e promuovere. Una comunità è tale quando sa essere una rete organizzata di bene e generosità.
Noi abbiamo le qualità e le virtù per rispondere all’assalto del male. Abbiamo l’esempio luminoso di San Paolino. Abbiamo la certezza che Dio è dalla parte dei giusti e dei deboli. Non dobbiamo più aver paura. Dobbiamo fare una scelta di campo. Non possiamo per sempre restare al bivio. L’identità cristiana è un’identità radicale. Non lasciamo in pace chi fa il male. Combattiamo in prima persona con la rinuncia a stili di vita non più sostenibili e alla scelta del consumismo che ci rende incapaci di compassione, con la denuncia, l’annuncio, la cultura, l’istruzione, la solidarietà, e per le comunità cristiane chiamate a presentare un’alternativa, lo stile della gratuità. E voi, delinquenti che state uccidendo le nostre città, ricordatevi che l’inferno in cui avete portato tanti vostri fratelli rende la vostra stessa vita infernale. Siete ricchi, ma siete vuoti. Siete potenti, ma siete fragili. La vostra condanna sarà un’eternità di solitudine. Un’eternità di nulla, di gelo. Convertitevi. Convertitevi e troverete la misericordia che non avete usato agli altri. Convertitevi e troverete le parole per rinascere. Convertitevi, saldate i vostri debiti con la giustizia e rialzate la testa. Convertitevi, e riscoprite la serenità di poter guardare la vostra gente negli occhi.
Ci protegga San Paolino!