sabato, Novembre 23, 2024
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Lorenzo Insigne: “Non ricordo più quanti legni ho colpito”

di Claudio Cafarelli (Maidirecalcio.com)

Lorenzo Insigne ha rilasciato una lunga intervista al Corriere dello Sport. Vi proponiamo alcuni stralci delle sue dichiarazioni.

E’ girato il vento, Lorenzo Insigne… «Ed era pure ora. Non ricordo più neanche quanti legni, tra pali e traverse, ho colpito: forse quattro o addirittura cinque; e pure l’altra sera contro l’Atalanta… Non mi andava bene prima, mi sta andando benino ora. Però io ci ho creduto sempre».

Benitez l’ha tenuto su con belle parole. «La sua calma è rassicurante, ha provveduto a tenermi su: io sono testardo, vero, e non mi sono mai fatto travolgere dall’ansia; però volevo segnare. Le parole di sabato scorso sono servite per spargere in me ulteriore tranquillità. E dette da un tecnico del suo spessore».

E a Verona poi c’è scappata l’esultanza con le orecchie spalancate…«Non l’avrei mai fatto se durante il riscaldamento non m’avessero insultato ripetutamente».

Si è chiuso il girone di andata. «E c’è tutto quello di ritorno, nel quale può succedere qualsiasi cosa. Noi non facciamo promesse, però con diciannove sfide a disposizione è chiaro che i verdetti non siano decisi».

La classifica dice la verità? «Senz’altro. E complimenti alla Juventus e alla Roma per quello che stanno facendo. Ma complimenti anche al Napoli: girare a 42 è un’impresa, che passa in secondo piano solo perché davanti abbiamo trovato due rivali che viaggiano ad una velocità sconcertante. Ma con altri 57 punti a disposizione… Attenti anche alla Fiorentina, gioca benissimo e ha un allenatore fantastico. E poi speriamo, egoisticamente, che Inter e Milan non si sveglino».

Giochino: dovesse scegliere, a questo punto, tra la Coppa Italia e l’Europa League? «Non è possibile prenderle entrambe? Chi vive alla giornata non fa programmi, ma noi vogliamo vincere qualcosa».

Nell’album di Insigne il gol più bello qual è? «La punizione al Borussia Dortmund. Penso che chiunque speri un giorno di fare il calciatore, sogni poi di giocare una partita di Champions e di segnare un gol nel proprio stadio. Quella sera è accaduto tutto ciò. Ed è stato pure un bel gesto tecnico».

I momenti più toccanti? «La promozione a Pescara è stato il primo: non avevo mai provato la felicità che può dare un successo; siamo riusciti a restituire la serie A a una società e a una città che aspettavano quel momento da venti anni e lo abbiamo fatto giocando un calcio spettacolare: non so se per noi c’è un posto nella storia, ma penso sia complicato far meglio. Ma mi ha toccato anche debuttare al San Paolo, segnare il mio primo gol in serie A con la maglia azzurra, approdare in Nazionale».

Pescara (e non solo Pescara) vuol dire Zeman. «E’ stato il mio maestro, mi ha insegnato movimenti offensivi pazzeschi e mi ha trasmesso mentalità. Mi ha voluto a Foggia in serie C e poi mi ha rivoluto a Pescara, mostrando di avere fiducia in me, che ero ancora un ragazzino. Non potrò mai dirgli grazie abbastanza».

Poi Napoli… «C’erano perplessità, sono partito per il ritiro di Dimaro senza che avessi la certezza di restare, mi volevano in serie A ma ho chiesto di provare a giocarmela e sono stato accontentato. Ero in ballottaggio con Vargas, ce l’ho fatta. E da Mazzarri ho ricevuto comunque tanta attenzione».

Domanda inevitabile: tra Cavani e Higuain chi sceglie? «Siamo al cospetto di due autentici fuoriclasse, diversi per carattere e anche per caratteristiche: ho avuto la fortuna di giocare prima al fianco di uno e ora con un altro e possono dire che m’è andata di lusso. Cavani viveva in funzione del gol, come i centravanti in genere; Gonzalo è più altruista».

L’Insigne calciatore del Napoli a quali traguardi ambisce? «Restare per sempre in questo club, diventare il capitano e dunque la bandiera, poter segnare un’epoca».

Le chiediamo di non essere diplomatico: ha colto un po’ d’insofferenza nella gente, nelle diciotto domeniche all’asciutto? «Quando non segni è chiaro che nascano dubbi. Però, mi creda, non ho avuto contraccolpi, né ho colto sfiducia nell’ambiente: semmai c’era la stessa impazienza che avvertivo io. Ma mai rabbia. E poi quando sei in un club come il Napoli, con calciatori di quel livello al fianco e con Benitez che ti guida, ti viene facile riuscire a dominare anche i momenti negativi. E’ andata, va: un gol al Verona, uno all’Atalanta. Ora ne vorrei uno bellissimo».

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