La carenza di medici di medicina generale è un problema che sta investendo tutta Italia, ma in Campania i numeri sono particolarmente preoccupanti. Secondo il rapporto della Fondazione Gimbe, al 1° gennaio 2024 nella regione mancavano 652 medici di famiglia, con una media di 1.421 assistiti per medico (contro la media nazionale di 1.374). Un dato allarmante riguarda il sovraccarico dei medici già in servizio: il 58,8% ha superato il massimale di 1.500 pazienti, ben oltre la media nazionale del 51,7%. Questo si traduce in difficoltà crescenti per i cittadini, soprattutto per anziani e persone fragili, nel trovare un medico disponibile vicino casa.
IL PROBLEMA PENSIONAMENTI – La situazione è aggravata dai pensionamenti: entro il 2027 si prevedono 7.300 uscite a livello nazionale, mentre l’invecchiamento della popolazione aumenta la domanda di assistenza. La Campania ha registrato un calo dei medici di famiglia del 9% tra il 2019 e il 2023, un dato meno negativo rispetto alla media nazionale (-12,7%), ma comunque preoccupante. Nonostante queste difficoltà, c’è un segnale positivo: nel 2024 i partecipanti campani al concorso nazionale per il Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale sono stati superiori ai posti disponibili, con 96 candidati in più rispetto alle borse finanziate (+59%), in netta controtendenza rispetto alla media italiana, dove il 15% delle borse di studio non è stato assegnato.
PROBLEMA DI PROGRAMMAZIONE – “La carenza di medici di famiglia è il risultato di una programmazione inadeguata che non ha garantito il ricambio generazionale in relazione ai pensionamenti attesi – spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe –. Negli ultimi anni, inoltre, questa professione ha perso sempre più attrattività, lasciando milioni di persone senza assistenza e mettendo a rischio la salute pubblica”. Mentre la politica discute della possibile dipendenza dei medici di famiglia dal Servizio Sanitario Nazionale, senza una chiara valutazione economica e organizzativa, il timore è che la situazione possa ulteriormente peggiorare, con un impatto negativo sull’efficacia della riforma del Pnrr e sul futuro dell’assistenza territoriale.