domenica, Novembre 24, 2024
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Accuse a ex sindaco di Pozzuoli Vincenzo Figliolia: sesso per buoni spesa

La Procura di Napoli contesta nuove accuse all’ex sindaco di Pozzuoli Vincenzo Figliolia (Pd) iscritto nel registro degli indagati nell’ambito di un’inchiesta sulla legittimità  degli appalti pubblici assegnati in città  in cui sono coinvolti dirigenti di partito, dipendenti pubblici e imprenditori. Per i pm Stefano Capuano e Immacolata Sica, che hanno aperto un nuovo filone, Figliolia avrebbe consegnato buoni spesa Covid a una donna in stato di indigenza in cambio di prestazioni sessuali.

Tutto si sarebbe consumato, in più occasioni, nel suo ufficio, al Comune, e la circostanza sarebbe confermata dalle microspie installate nell’ambito dell’inchiesta “madre” per la quale l’ex primo cittadino (che nell’ultima tornata elettorale ha fatto il pieno di voti) è accusato di concussione e peculato. Non solo. Sempre in cambio di sesso avrebbe anche cercato di agevolare la donna nel disbrigo di pratiche amministrative inerenti delle cure mediche.

Sulla vicenda Figliolia, difeso dall’avvocato Luigi De Vita, ha espresso il suo disappunto: “si tratta di una vicenda strettamente personale che, evidentemente, avrebbe dovuto rimanere riservata in ambito processuale, e le cui connotazioni di illeceità non riesco davvero a comprendere”. “Il mio rammarico – fa sapere l’ex sindaco – è poca cosa rispetto alla sofferenza che provo perché consapevole che quanto accaduto ha profondamente ed ingiustamente ferito la dignità  dei miei figli, di mia moglie e della mia anziana madre che da sempre sono stati costretti condividere e, spesso a subire, il mio sconfinato amore per la città  dove sono nato”.

L’indagine sugli appalti a Pozzuoli è venuta alla luce lo scorso aprile in occasione dell’esecuzione di una raffica di perquisizioni, anche in varie località  del Sud Italia. Vennero sequestrati documenti, computer e telefonici cellulari. Tra gli indagati figura anche l’ex componente della direzione nazionale e responsabile delle Agorà  democratiche Nicola Oddati, trovato, durante una perquisizione eseguita dalla Polizia a Roma, in possesso di un’ingente somma di denaro. Il dirigente politico spiegò agli inquirenti che la somma di denaro era riconducibile ai soldi versati per le tessere del Pd. Una versione poi smentita dal tesoriere del Partito Walter Verini, anche lui ascoltato dai pm.

L’inchiesta vede indagati anche altri due esponenti del Pd: Luciano Santoro e Sebastiano Romeo, rispettivamente di Taranto e Reggio Calabria, sempre per presunte irregolarità  nella concessione di alcuni appalti. Sotto indagine anche l’imprenditore Diego Righini, organizzatore di una serie di spettacoli al Rione Terra; il presidente dell’Enit, Giorgio Palmucci; Angelo Tortora, dipendente comunale di Pozzuoli; Salvatore Musella, amministratore di fatto della ditta Cytec (che avrebbe avuto un ruolo centrale con Oddati) e il direttore esecutivo dell’Enit Giovanni Bastianelli. Questi ultimi sono gli unici indagati che ieri non hanno rinunciato all’udienza davanti alla 12esima sezione del Tribunale del Riesame. Tra i reati contestati, a vario titolo, in questa fase preliminare dell’indagine, figurano l’associazione a delinquere, la corruzione e il traffico di influenze.

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