venerdì, Novembre 29, 2024
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Erri De Luca e Don Aniello, due voci contro il martirio della Campania – foto

di Carmela Iovino 

CAMPOSANO- Neanche il mondo della letteratura resta indifferente di fronte allo scempio ambientale subito dalla Campania, trasformata da terra “felix” a “terra dei fuochi” da decenni di sversamenti e roghi di rifiuti tossici. Lo scrittore Erri De Luca, infatti, è stato protagonista di un dibattito sul biocidio, tenutosi ieri pomeriggio nell’aula consiliare del Comune di Camposano. Intervenuti all’incontro anche il sindaco Giuseppe Barbati, che ha fatto gli onori di casa, Don Aniello Manganiello e alcuni giovani membri della sua associazione “Ultimi. Associazione per la legalità”, promotrice del convegno. Una discussione informale e aperta quella di ieri, che ha visto partecipe anche gran parte del pubblico, proprio quegli abitanti del territorio avvelenato che ogni giorno toccano con mano il disastro ambientale subito e si trovano a fare i conti, loro malgrado, con le dolorose conseguenze di tale umano abominio. Movente di una tragedia ambientale di cotanta portata, riflette tristemente De Luca, il denaro, l’economia canaglia, quella “manciata di quattrini” in nome della quale si compiono le azioni più bieche e si arriva anche, come in questo caso, a prendersi beffe persino della stessa vita umana, che non dovrebbe avere prezzo. Lo scrittore propone un commuovente paragone tra gli abitanti della terra dei fuochi e i migranti morti tragicamente vicino alle coste di Lampedusa, entrambi vittime della sete di denaro di uomini senza scrupoli che “mercificano” la vita umana, dandole addirittura anche “meno valore delle merci stesse”. Persone che “si battono per la loro stessa vita”, che dovrebbe essere, invece, un diritto inalienabile. “E non c’è nessuna pena – commenta severo De Luca – che possa risarcire questo reato”. Inaccettabile per il letterato, infatti, che si debba combattere e ci si debba organizzare “solo per salvarsi la vita” piuttosto che per il proprio futuro, divenuto ormai “incerto” per la gente della terra dei fuochi. E nella girandola delle responsabilità nella nostra “democrazia contraffatta”, accanto a camorristi, imprenditori e politici, tirati in ballo da De Luca anche i media, “espressione del potere economico”, che ci avrebbero condotto a una condizione di “ammutolimento della voce pubblica”. Ma lo scrittore, nonostante ciò, è ben lungi da un atteggiamento arrendevole e lascia, al contrario, un forte spiraglio di ottimismo e speranza: “Siamo giunti a una saturazione, abbiamo raggiunto il limite, perciò ora si può solo risalire e questo compito spetterà ai giovani, che già si stanno muovendo per cambiare le cose”. Saranno loro, spiega De Luca, quella “prua della barca” che ci condurrà verso migliori lidi. Proprio come i giovani di Don Aniello, che si impegnano concretamente ogni giorno per offrire “proposte costruttive” per migliorare il loro territorio dilaniato da tanti soprusi passati e che intendono proporsi come “portavoci e sentinelle” della società. Anche Don Aniello Manganiello, dopo l’intervento di Erri De Luca, pone l’accento sull’impegno dei giovani nella battaglia contro la “violenza inaudita” fatta al nostro territorio e denuncia la “latitanza” delle istituzioni locali e nazionali, rimaste mute e inermi, quando non colluse, dinanzi alla distruzione e all’avvelenamento della nostra terra. Il suo invito, a conclusione dell’avvincente dibattito, è quello della “conversione” dell’uomo, intesa nel senso più generale del termine: “Basta con la latitanza, l’omertà, il girare la testa dall’altra parte; bisogna cambiare e reagire”.

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