di Bianca Bianco e Nello Lauro
NOLA- L’operazione Jordanus imbastita dalla Procura di Nola ed illustrata questa mattina in conferenza stampa costituisce l’esito di una complessa attività investigativa durata oltre due anni. Una attività di indagine complessa ed articolate che ha consentito di individuare l’esistenza di più organizzazioni criminali operanti nel Nolano e nel Vesuviano e specializzate nelle truffe alle compagnie assicurative. Non ci sono arresti, ma sono state disposte misure di interdizione nell’esercizio delle professioni di medico ed avvocato per gli indagati, oltre all’obbligo di firma ed il divieto di dimora in provincia di Napoli. I reati contestati sono associazione per delinquere, falso, truffa aggravata, frode assicurativa, corruzione, falso in valori da bollo, usura, riciclaggio, falsa testimonianza e falsa perizia. Tra le misure intraprese, anche il sequestro di un patrimonio di ingente valore composto da ville, auto di lusso, conti correnti bancari, barche. Sono 42 gli immobili sequestrati, tra cui una villa ad Ischia ed una in costiera cilentana, 21 auto e 86 conti correnti. Per un valore di 3,760 milioni di euro. L’indagine della Procura della Repubblica di Nola ha riguardato circa 400 persone di fasce sociali ed estrazione diverse, unite però da un unico obiettivo fraudolento, quello di guadagnare (e molto) dagli incidenti stradali falsi. Gli inquirenti hanno tracciato una vera e propria piramide per indicare i diversi livelli di partecipazione alla truffa.
I LIVELLI- La “base”, il livello più basso, è costituito da quelli che a volte si prestano a fare i danneggiati, a volte il testimone a volte il danneggiante. Queste persone fornivano la carta d’identità o l’assicurazione della propria auto oppure la disponibilità a essere testimoni per piccole somme. Si tratta di operai, disoccupati, che arrotondavano gli stipendi o avevano questa come unica fonte di guadagno. Chi si fingeva danneggiato otteneva a 500 a 1000 euro, i falsi testimoni da 50 a 100 euro. Il secondo livello è costituito dai procacciatori di affari provenienti soprattutto dall’ambiente medico e paramedico e con il compito di “mediazione criminale”. Anche in questo caso esisteva un vero e proprio tariffario (da 5, 10 per una relazione medica a 30- 100 euro per esami strumentali e certificati e 100-150 euro per i referti ospedalieri). I medici venivano contattati dai procacciatori, dai legali o da altri medici che fungevano da “collettori” per favorire avvocati e faccendieri. Il vertice delle organizzazioni erano gli avvocati di fiducia che programmavano ed attuavano le frodi.
I CODICI- Altro aspetto della condotta criminale dei medici scoperto dalla Procura è l’utilizzo di un codice per nascondere l’attività illecita svolta: le bottiglie di vino sono i certificati falsi, le guaine o rappezzi per i certificati più economici, l’imbasciata per i compensi per la documentazione rilasciata e hotel per gli ospedali. La consegna della documentazione avveniva in luoghi lontani dagli ospedali e in tarda notte. Sono quattro le organizzazioni criminali individuate dagli inquirenti (a questa operazione hanno lavorato insieme carabinieri e guardia di finanza). In tutto risultano coinvolti 62 medici, 12 avvocati e 392 persone a vario titolo. Le richieste di arresti sono state rigettate ma si sono disposte misure di interdizione dalle professioni di medico e avvocati, con segnalazione ai rispettivi Ordini. I magistrati e le forze dell’ordine hanno esaminato 1237 pratiche. Si è calcolato una truffa da 1 milione 670mila euro ai danni delle Compagnie assicurative.