sabato, Aprile 12, 2025
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Strage di Acqualonga, Cassazione condanna Castellucci a 6 anni di carcere

È definitiva la condanna a sei anni di reclusione per Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, per la strage dell’Acqualonga, avvenuta il 28 luglio 2013 sull’A16 Napoli-Canosa. Il tragico incidente vide un autobus turistico precipitare da un viadotto nel comune di Monteforte Irpino, provocando la morte di 40 persone.

La sentenza è arrivata al termine di una lunga camera di consiglio da parte della quarta sezione penale della Corte di Cassazione, durata oltre quattro ore. Per Castellucci, accusato di disastro colposo e omicidio colposo, si aprono ora le porte del carcere. I suoi avvocati, Filippo Dinacci e Paola Severino, hanno fatto sapere che l’ingegnere è pronto a costituirsi appena sarà emesso l’ordine di carcerazione, definendo però la sentenza “incomprensibile” e ribadendo la convinzione della sua estraneità ai fatti.

Con la decisione dei supremi giudici passano in giudicato anche le condanne per altri dirigenti e tecnici di Autostrade per l’Italia. Tra questi: Riccardo Mollo, direttore generale all’epoca, condannato a sei anni; Massimo Giulio Fornaci e Marco Perna, dipendenti Aspi, anche loro condannati a sei anni; Nicola Spadavecchia e Paolo Berti, rispettivamente dirigente e direttore di tronco, a cinque anni; Tre anni per Gianluca De Franceschi, Gianni Marrone e Bruno Gerardi. Pesante la condanna anche per Gennaro Lametta, proprietario del bus, a nove anni di reclusione, e per Antonietta Ceriola, all’epoca dipendente della Motorizzazione civile di Napoli, condannata a quattro anni.

La tragedia si verificò intorno alle 20.30 di una domenica estiva. Il bus, che rientrava da un pellegrinaggio nei luoghi di Padre Pio, perse il giunto cardanico – parte fondamentale dell’impianto frenante – e, senza più freni, sbandò per un chilometro, urtando diverse auto prima di schiantarsi contro le barriere del viadotto Acqualonga, che cedettero, facendo precipitare il mezzo da un’altezza di circa 40 metri. Trentanove persone morirono sul colpo, una nei giorni successivi. Dieci i superstiti. La Procura ha sempre sostenuto che le barriere non fossero a norma e che, se fossero state adeguate, il pullman non sarebbe precipitato. Un’accusa che i giudici hanno ritenuto fondata, parlando di una “situazione di incuria protratta per anni” e di “colpevole inerzia” da parte di chi avrebbe dovuto garantire la sicurezza.

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