ROMA (Nello Lauro) – Urla senza voce, sospiri di colore, emozioni che vivono sulla tela. Il rosso brucia, il blu avvolge, il nero inghiotte. Ogni pennellata è un battito d’anima, ogni ombra una cicatrice che il tempo non cancella. Quadri che si sentono. Palazzo Bonaparte, uno dei più affascinanti gioielli architettonici di Roma, ospita la mostra Munch. Il grido interiore, visitabile dall’11 febbraio al 2 giugno 2025. Un viaggio attraverso 100 capolavori del Munch Museum di Oslo, curato da Patricia G. Berman e organizzato da Arthemisia in collaborazione con il museo norvegese. Non una semplice retrospettiva, ma un’immersione totale nell’anima inquieta dell’artista, nei suoi colori vibranti e nelle sue ombre più oscure.
EMOZIONI, COLORI E TORMENTI – Varcata la soglia, il silenzio avvolge i visitatori. Il tempo rallenta: lo sguardo si posa sulle opere, ne cerca il senso, si perde nei dettagli. Anziani, signore di mezza età, giovani studenti si muovono tra le sale, alcuni in silenzio, altri ascoltando la guida, altri ancora scattando una foto, quasi a voler fermare un’emozione. Munch non dipinge la realtà, ma la percezione. I suoi quadri raccontano la vita nei suoi estremi: bellezza e dolore, speranza e disperazione. Autoritratto, Malinconia, Il circolo bohémien di Kristiania: ogni opera è un frammento della sua interiorità. “Non dipingo ciò che vedo, ma ciò che ho visto”, diceva. E ciò che ha visto è un universo di turbamenti, pulsioni, ferite mai rimarginate.
OPERE CHE SCAVANO NELL’ANIMA – Il percorso si snoda tra capolavori che colpiscono per la loro intensità. I colori accesi di Festa sulla spiaggia contrastano con il riflesso lunare, che scava nell’acqua, ipnotico. Ogni quadro sovrasta il precedente, cancellandolo dalla memoria, fino a quando, tornando indietro, emergono dettagli sfuggiti: ombre appena accennate, sfumature che suggeriscono inquietudini nascoste. In Il Bacio, due amanti si dissolvono l’uno nell’altro, un abbraccio totale, quasi soffocante. Amore e dolore (noto anche come Il Vampiro) mostra una donna dai capelli rossi che bacia—o forse morde—un uomo, evocando una passione che divora. Madonna è seducente e misteriosa, il suo volto inclinato, gli occhi socchiusi: estasi o tormento? Nella litografia, Munch aggiunge dettagli inquietanti: spermatozoi stilizzati fluttuano nello spazio, un piccolo feto racchiuso in un rettangolo nero appare come un presagio. La stanza dei fantasmi trasuda dolore. Qui la morte è tangibile, un’ombra che avvolge la tela. Segnato dalle perdite premature della madre e della sorella, Munch trasforma il lutto in immagini struggenti: volti che non si incrociano mai, sguardi persi nel vuoto, carichi di un’angoscia silenziosa.
L’URLO (SENZA VOCE) DELL’ANIMA – Poi si arriva alla stanza dei colori, dominata dall’Urlo. L’originale, troppo fragile per viaggiare, resta a Oslo, ma la litografia in bianco e nero esposta in mostra non perde nulla della sua potenza. Il volto deformato, la bocca spalancata in un grido muto, le mani serrate attorno al capo, il paesaggio ondulato che vibra all’unisono con l’angoscia del protagonista. Un’emozione universale, senza tempo né genere, in cui tutti riconoscono i propri momenti di tormento interiore. Subito dopo, un altro pugno nello stomaco: Disperazione. Stessi colori dell’Urlo, ma una scena diversa. Un uomo solo, appoggiato a una balaustra, gli occhi chiusi. Sullo sfondo, due figure in nero camminano di spalle, indifferenti. È il senso di estraneità dal mondo, la barriera invisibile tra sé e gli altri.
AMORE, TORMENTO E FOLLIA – Ma la mostra racconta anche il Munch più intimo, il suo rapporto conflittuale con l’amore e il tradimento. L’intensità emotiva esplode nelle opere dedicate a Tulla Larsen, l’unica donna che abbia mai pensato di sposare. Il loro amore si trasforma in un incubo e, dopo la rottura, l’artista dipinge una sequenza di tre quadri: Autoritratto su sfondo verde, Assassinio, La morte di Marat. Tulla si trasfigura da musa a carnefice, mentre Munch si ritrae come vittima. Questa sofferenza lo segna profondamente. Decide di ricoverarsi volontariamente in una clinica per esaurimento nervoso. Dopo questa esperienza, il suo stile cambia ancora: la luce torna nei suoi dipinti, i colori si schiariscono. Nei suoi ultimi anni, la natura diventa protagonista: corpi maschili che nuotano, campi, contadini. Non immagini idealizzate, ma visioni di una pace ritrovata.
IL TEMPO SOSPESO – Come dimenticare gli autoritratti in cui Munch affronta il tempo che passa? In Autoritratto tra il letto e l’orologio (1943), il pittore ottantenne appare stanco, in piedi accanto al letto, quasi a vegliare le proprie opere. Un orologio senza lancette segna il tempo fermo, immobile, mentre una croce gialla si riflette sul pavimento. Il tempo non scorre più. Segna solo la fine che si avvicina. Edvard morirà un anno dopo. La mostra si chiude con due opere emblematiche: Notte stellata e Le ragazze sul ponte, il dipinto scelto come manifesto dell’ultima grande esposizione. Ogni opera è una chiave di lettura del dolore e della speranza, del tormento e della solitudine, ma anche della bellezza che emerge da esso. Un viaggio nell’anima di Munch, che lascia il segno. L’emozione non ha voce. Urla.