ROMA (Amda) – La Corte Costituzionale compie un importante passo verso l’innovazione e l’inclusività, adeguandosi all’evoluzione tecnologica e dichiarando illegittime alcune norme ritenute ormai obsolete e discriminatorie. Con la sentenza numero 3, la Corte ha sancito che l’ordinamento giuridico deve abbattere gli ostacoli che limitano la piena partecipazione alla vita sociale e politica, in particolare per le persone con disabilità. Gli articoli 9, terzo comma, della legge elettorale del 17 febbraio 1968, e 2, comma 6, del Codice dell’amministrazione digitale, sono stati dichiarati incostituzionali. Tali disposizioni obbligavano le persone con disabilità che impedivano loro di firmare fisicamente a rendere dichiarazioni in presenza di due testimoni e di un pubblico ufficiale. La Corte ha stabilito che questa procedura non solo è superata, ma lede anche il diritto alla riservatezza. Infatti, prevedeva che il pubblico ufficiale si recasse presso il domicilio della persona con disabilità, un’operazione che risultava invasiva e discriminatoria.
La vicenda trae origine dal caso di Mario Gentili, un cittadino affetto da Sla, che ha portato all’attenzione della Corte le difficoltà legate alla sottoscrizione delle liste elettorali. La sentenza ha riconosciuto la possibilità di utilizzare la firma digitale, garantendo pari dignità e certezza giuridica rispetto alle tradizionali modalità di sottoscrizione. La Corte ha individuato come strumento di sottoscrizione la piattaforma digitale per referendum e proposte di legge popolari, attiva dal luglio 2024. L’accesso alla piattaforma avviene tramite Spid o carta d’identità elettronica, con una verifica preliminare che accerta l’iscrizione nelle liste elettorali, il diritto di voto e l’eventuale sottoscrizione già effettuata. Questa decisione elimina la necessità dei certificati cartacei, semplificando le procedure e favorendo l’inclusione.