Il parroco della Basilica di Sant’Antonio di Afragola Mimmo Silvestro è stato arrestato insieme ad altre cinque persone nell’ambito di una inchiesta che ha fatto luce su episodi di violenza sessuale consumatisi in alcuni monasteri tra i quali proprio la chiesa di Afragola. Questa mattina i carabinieri hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli Nord su richiesta della procura della Repubblica di Aversa, guidata dal procuratore Maria Antonietta Troncone. Sono contestate le accuse di rapina aggravata in concorso e violenza sessuale. Le indagini hanno preso il via dopo la denuncia sporta da due uomini di Afragola che avevano riferito di avere subito una irruzione in casa da parte di due persone, travisate e minute di mazze e coltellate. Gli aggressori – secondo la denuncia – avevano sfondato la porta di ingresso, per poi impossessarsi di un telefono cellulare e fuggire. I carabinieri della compagnia di Casoria, nell’approfondire la denuncia che è subito apparsa lacunosa, hanno scoperto lo scenario oggi al centro della misura cautelare. E’ emerso all’interno del cellulare portato via erano contenute immagini e chat che avrebbero potuto creare problemi ad alcuni frati dei monasteri, tra i quali la Basilica di Sant’Antonio di Afragola, in cui le vittime avevano lavorato. Le immagini avrebbero raccontate storie di sesso forzato. Non solo: nel corso delle indagini, sottolinea una nota della Procura, è stata “acquisita una lettera redatta dagli avvocati delle vittime della rapina e diretta ai frati superiori con la quale ne sollecitare il pagamento delle somme relative alle prestazioni lavorative eseguite nei monasteri fino a quel momento non corrisposte, si faceva riferimento anche a rapporti sessuali subiti dalle vittime in cambio di assistenza di carattere sociale (abiti, alimenti e quant’altro necessario alla loro sopravvivenza) e lavorativa (assicurando loro un impiego retribuito in ogni luogo di culto in cui i due frati si trovano a svolgere le proprie funzioni religiose)”. Proprio nel tentativo di distruggere prove che avrebbero potuto alimentare lo scandalo, sarebbe stata ordinata la rapina dei due cellulari delle vittime. “Dalle operazioni di intercettazione telematica e telefonica – si legge ancora – emergenza che a dare il mandato per compiere la rapina fosse stato il parroco di Afragola”.
I SEI ARRESTATI – Sono sei le misure cautelari in carcere del gip di Napoli Nord Caterina Anna Arpino (notificate dai carabinieri di Afragola ed emesse su richiesta del pm Cesare Sirignano e del procuratore Maria Antonietta Troncone della Procura di Napoli Nord) nell’ambito dell’inchiesta su episodi di violenza sessuale e su una rapina per tentare di coprire gli abusi. Il parroco della Basilica Pontificia di Sant’Antonio da Padova di Afragola, padre Domenico Silvestro, è accusato di violenza sessuale; padre Nicola Gildi, 55 anni, all’epoca dei fatti ad Afragola e raggiunto oggi dai carabinieri di Casoria nel Convento di Santa Maria Occorrevole di Piedimonte Matese, in provincia di Caserta, è invece ritenuto responsabile di rapina aggravata in concorso e violenza sessuale. Poi ci sono i due autori materiali della rapina, Danilo Bottino, 20 anni, e Biagio Cirillo, che ne compie proprio oggi 19, il primo con precedenti, l’altro incensurato; Antonio Di Maso, 43 anni, accusato di avere fatto da intermediario tra il frate mandante e l’organizzatore della rapina. Ancora, l’organizzatore con cui il frate-mandante è entrato in contatto, Giuseppe Castaldo, 52 anni, come Di Maso imprenditore di Afragola. Castaldo, secondo gli investigatori, avrebbe anche avuto legami con la criminalitĂ organizzata di Marigliano.
I PARTICOLARI – C”arissimo Giuseppe ti ringrazio per questo tuo impegno nei confronti dei frati, io sono mortificato, perchĂ© mai avrei voluto che si giungesse a questo. Ti chiedo perdono e ti assicuro la mia preghiera per te e per la tua famiglia. Un abbraccio e una benedizione”. E’ il testo del messaggio agli atti dell’indagine dei carabinieri e della Procura di Napoli Nord che il frate Nicola Gildi (arrestato oggi con l’accusa di rapina aggravata in concorso e violenza sessuale) invia all’imprenditore Giuseppe Castaldo, l’ 8 aprile scorso, il giorno dopo l’incontro durante il quale, secondo gli inquirenti, è stata formulata la richiesta finalizzata a ‘risolvere’ il problema dei cellulari sui quali c’erano tracce compromettenti delle condotte sessuali sue e dell’altro frate arrestato, don Domenico Silvestro, parroco della Basilica Pontificia di Sant’Antonio da Padova di Afragola, ritenuto responsabile solo del reato di violenza sessuale. Pochi minuti dopo Castaldo risponde al messaggio: “Nicola, io sono devoto a sant’Antonio e alla Chiesa ma soprattutto mi avevano detto che sei una brava persona e di cuore, domenica ho avuto conferma, mi fa piacere averti conosciuto ci vediamo presto grazie per le preghiera per la mia famiglia”. Agli atti dell’inchiesta, oltre le intercettazioni, c’è una lettera degli avvocati delle due vittime degli abusi indirizzata ai due religiosi, acquisita dai carabinieri e dalla Procura di Napoli Nord. I legali sollecitavano i pagamenti per le prestazioni lavorative erogate dalle due vittime nei monasteri, e nella lettera si faceva anche riferimento ai rapporti sessuali subiti in cambio di assistenza di carattere sociale e lavorativa: alle vittime sarebbe stato garantito un impegno retribuito in ogni luogo di culto in cui i due frati si trovavano a svolgere le proprie funzioni religiose. La lettera avrebbe innescati la reazione: padre Gildi chiede aiuto a Castaldo, il quale invia Danilo Bottino e Biagio Cirillo, lo scorso 26 aprile, ad impossessarsi dei telefoni cellulari delle vittime. I due sfondano la porta dell’abitazione e, armati di una mazza da baseball (“dammelo altrimenti ti spacco la faccia, ti uccido”), hanno cercato di farsi consegnare i cellulari, obiettivo fallito a causa della reazione dei due minacciati, uno dei quali rimasto ferito. Bottino, per evitare che le forze dell’ordine potessero risalire a lui, ha anche denunciato falsamente il furto della sua auto alla stazione dei carabinieri di Marigliano, usata per recarsi a casa delle vittime dell’aggressione.