venerdì, Novembre 22, 2024
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Emergenza idrica, Cgia: ogni 100 litri d’acqua solo 58 arrivano agli utenti

In Italia ogni 100 litri di acqua immessa nella rete per usi civili ne arrivano all’ utente poco meno di 58. Gli altri 42 (3,4 miliardi di metri cubi) si perdono lungo la rete idrica che in molte parti del Paese è datata e in cattivo stato di salute. Lo rileva in uno studio la Cgia. Se nel Comune di Potenza non arriva nei rubinetti delle abitazioni il 71%, a Chieti si tocca il 70,4%, a L’Aquila il 68,9%, a Latina il 67,7% e a Cosenza il 66,5%. In Campania a Caserta si arriva al 61,8%, a Salerno il 61,4%, a Benevento il 55,9%, Avellino il 54,8 a Napoli “solo” il 33,4%. Per contro a Milano le perdite idriche raggiungono il 13,4%, a Pordenone il 12,1%, a Monza l’11%, a Pavia il 9,4%. A Como, la città più virtuosa d’Italia, il 9,2%. La dispersione – spiega la Cgia – è riconducibile a più fattori: alle rotture presenti nelle condotte, all’ età avanzata degli impianti, ad aspetti amministrativi dovuti a errori di misurazione dei contatori e agli usi non autorizzati (allacci abusivi). ma non tutto il Sud versa in condizioni “disastrose”: a Trapani la dispersione raggiunge il 17,2%, a Brindisi il 15,7% e a Lecce il 12% . I nostri consumi idrici totali ammontano a 40 miliardi di metri cubi all’anno. Di questi, il 41% è in capo all’agricoltura (16,4 miliardi di mc) il 24% viene impiegato per usi civili (9,6 miliardi di mci), il 20% per l’industria (8 miliardi di mc) e il 15% per produrre l’energia elettrica (6 miliardi di mc). La Cgia sottolinea come siamo il Paese più “idroesigente” d’Europa; seguono a distanza la Spagna (30 miliardi di mc) e la Francia (quasi 27 miliardi di mc). Sia in agricoltura che nell’industria siamo il Paese che registra i consumi idrici più elevati in UE. Per l’uso civile consumiamo 25 milioni di mc al giorno.

La situazione più critica è in Basilicata con una dispersione d’acqua del 65,5%]. Poi l’Abruzzo (62,5%), il Molise (53,9%), la Sardegna(52,8%) e la Sicilia (51,6%). Per contro, la Lombardia con il 31,8%, la Valle d’Aosta (29,8%) e l’Emilia Romagna (29,7%). Per la realizzazione di nuove infrastrutture idriche primarie, la riparazione, la digitalizzazione e il monitoraggio integrato delle reti idriche per diminuire le perdite d’acqua, il potenziamento e l’ammodernamento del sistema irriguo nell’agricoltura e per la depurazione delle acque reflue da riutilizzare in agricoltura e nel settore produttivo, il Pnrr ha messo 4,3 miliardi di euro, più un miliardo del Mit per ridurre le perdite nelle reti di distribuzione. “Soluzioni miracolistiche – sottolinea la Cgia – non ce ne sono, ma se vogliamo dare acqua a una parte del Paese che nei prossimi anni rischia la desertificazione potrebbe non essere sufficiente creare nuovi invasi, razionalizzare i consumi e mettere a nuovo la rete di distribuzione. Come hanno fatto con successo l’Arabia Saudita, il Kuwait, Israele e in parte anche la Spagna, non è da escludere che anche l’Italia debba puntare sull’uso dei dissalatori”. Le controindicazioni non mancano: come l’alto consumo di energia elettrica che contraddistingue questi impianti e i problemi di smaltimento dei prodotti chimici che sono usati per desalinizzare l’acqua. “Ma gli impianti di ultima generazione – conclude la Cgia – hanno, almeno in parte, superato molti di questi problemi ambientali. E sebbene i dissalatori in funzione in Italia siano di piccola dimensione, quelli fatti nell’Isola del Giglio, a Ustica e a Ponza hanno sin qui ottenuto dei risultati molto positivi”.

 

 

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