Dopo il colpo subito anni fa, parafrasando don Pietro Savastano di Gomorra (“mo ce ripigliamm’ tutt’ chell che è ‘o nuost’ “), il clan Contini, famiglia malavitosa componente l’Alleanza di Secondigliano, si è ripreso quello che riteneva gli fosse stato tolto. I suoi tentacoli sono tornati a soffocare l’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli, già al centro nel 2019 di una maxi operazione con 126 misure cautelari e un sequestro da 130 milioni di euro. Ora, i carabinieri del Nucleo investigativo, al termine di indagini coordinate della Dda, hanno notificato 10 degli 11 arresti emessi dal gip di Napoli con un sequestro. Le indagini hanno restituito un quadro sconfortante di illegalità nel quale si inserisce anche la struttura sanitaria: la camorra riusciva a pilotare i ricoveri, le liste di attesa e c’era anche chi procurava, sottraendoli dalle scorte in deposito, materiale che i sicari della camorra utilizzavano per compiere gli agguati. A parlare dell’apporto fornito da parte di uno degli indagati è il collaboratore di giustizia Teodoro De Rosa per il quale il clan si sarebbe adoperato per farlo “eleggere come consigliere comunale” sebbene, invece, risulti essere stato eletto sì, consigliere, ma in una delle municipalità del capoluogo. Era lui, tra l’altro, a procurare i guanti in lattice e le tute bianche che i sicari utilizzavano per compiere gli omicidi. Non solo. Per evitare di lasciare tracce, i killer si ungevano i capelli e le ciglia con un gel, per non lasciare materiale organico a disposizione degli investigatori. L’indagato in questione, 45 anni, rappresentava una vera a proprio risorsa per i Contini: procurava falsi referti per scarcerazioni degli affiliati e per le truffe alle assicurazioni; assoldava i neomelodici per le feste dei camorristi e non solo; gestiva l’affare delle case popolari “sempre nell’interesse del clan”, spiega De Rosa, che fa anche riferimento a presunte collusioni con le forze dell’ordine. Con altri due affiliati, poi, il 45enne gestiva un Caf nel rione Amicizia che però altro non era che una copertura finalizzata proprio ad agevolare la gestione delle case popolari. “E’ uno dei perni principali – riferisce ai pm il pentito – che interviene sull’ala politica quando è necessario”. Era sempre lui ad influenzare le liste d’attesa grazie a un ingegnoso stratagemma: simulare un’urgenza. I pazienti pagavano, i soldi andavano al clan, al sanitario coinvolto arrivava un regalo e l’Asl rimaneva a bocca asciutta. Per il gip Federica Colucci, la famiglia Contini “si è di fatto impossessata di interi settori commerciali e imprenditoriali, nonché di alcune strutture pubbliche assolutamente nevralgiche”, dimostrando la capacità di gestire il potere criminale alla stregua di “statisti dell’antistato”. Nell’ordinanza viene riportato anche un episodio che nel marzo 2023 fece non poco scalpore, segnalato dal deputato dell’Alleanza Verdi Sinistra Francesco Emilio Borrelli: l’utilizzo improprio di un’ambulanza che a sirene spiegate percorreva il corso Umberto di Napoli fermandosi in corrispondenza di un negozio di nuova apertura. Dal mezzo scesero alcuni “ospiti”, cantanti neomelodici e tiktoker, invitati per l’inaugurazione dell’esercizio commerciale. Le indagini hanno permesso di verificare il coinvolgimento nella vicenda proprio di quel poliedrico 45enne ex consigliere di Municipalità che, tra l’altro, gestiva la cassa del clan e anche la distribuzione degli stipendi agli affiliati. (fonte Ansa)