Ucciso e sciolto nell’acido perché aveva allacciato una relazione sentimentale con la moglie di un affiliato detenuto: è stato questo il movente dell’omicidio di Salvatore Totoriello, soprannominato ‘Tototiello’, scomparso (il corpo non è stato mai ritrovato) il 27 settembre 2013, un cold case risolto dai Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Napoli.
A decidere la sua morte fu il suo stesso clan, in particolare tre persone ritenute di vertice del clan Licciardi a cui adesso i militari dell’Arma e la Direzione distrettuale antimafia contestano i reati di associazione mafiosa, estorsione, omicidio, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco, aggravati in quanto commessi per agevolare il clan Licciardi e l’Alleanza di Secondigliano.
Secondo la ricostruzione dei carabinieri, Esposito fu vittima di una “punizione d’onore”: venne attirato in una zona boschiva e impervia di Napoli, nel quartiere Chiaiano, dove ci sono diverse cave di tufo abbandonate, ucciso a colpi d’arma da fuoco e il suo cadavere sciolto nell’acido da alcuni affiliati al clan Polverino-Simioli, costola del clan Nuvoletta, che usarono tecniche di ‘lupara bianca’ apprese dalla mafia palermitana.
Si tratta – è stato appurato grazie a intercettazioni, pedinamenti e pentiti – delle stesse pratiche di occultamento dei cadaveri per scioglimento nell’acido utilizzate da Cosa nostra nel 1984 per far sparire per conto del boss Lorenzo Nuvoletta i cadaveri di Vittorio e Luigi Vastarella, Gennaro Salvi, Gaetano Di Costanzo e Antonio Mauriello. Per gli omicidi di quelle cinque persone, avvenuti a Marano di Napoli il 19 settembre 1984 nell’ambito della guerra di camorra tra le famiglie malavitose Gionta-Nuvoletta e Alfieri-Bardellino, è stato condannato in via definitiva nella veste di mandante il superboss Salvatore Riina.