(nl) Cominciamo la nostra nuova rubrica “E’ mal’acqua” con la spiegazione della frase “fa nu quatto ‘e maggio”. E mentre oggi si pensa a ripartire per la fase 2 spieghiamo questa espressione che è una della più significative e conosciute dai napoletani. Il 4 maggio era la giornata nella quale le famiglie napoletane in fatto organizzavano il cambio di casa con il trasloco o peggio subivano lo sfratto. Secoli prima il giorno per il trasloco era fissato nel giorno di San Lorenzo (10 agosto): ma con quel caldo e le proteste dei facchini si dovette cambiare la data. Alla fine del Cinquecento quando, con una prammatica emessa nel 1587, il viceré Juan de Zunica conte di Morales, spostò l’attività al 1° di maggio, festività dei santi Filippo e Giacomo. I napoletani devoti ai due santi snobbarono l’ordine e solo nel 1611, con un altro decreto, promulgato il 29 marzo del 1611, il viceré Pedro Fernàndez de Castro stabilì che traslochi e sfratti avvenissero il 4 quattro maggio, giorno dal quale decorreva il pagamento del canone di locazione, detto in napoletano “mesata” o “persone”, in passato pagato in 4 mensilità anticipate da pagare tre volte all’anno (4 gennaio, 4 maggio, 4 settembre). Il 4 maggio era il giorno nel quale le famiglie napoletane traslocavano quando cambiavano appartamento: tutto si doveva svolgere entro le 18, situazione che creava in città un vero e proprio caos. L’espressione “quatto ’e maggio” è diventata da allora sinonimo di trasloco. (foto rete)