AVELLA (Bianca Bianco- IlMattino)- Anche due presunti pusher irpini nella rete della Procura di Santa Maria Capua Vetere e della Direzione distrettuale Antimafia di Napoli che ha sgominato cinque gruppi dediti allo spaccio di droga tra le province di Napoli, Caserta ed Avellino nell’ambito dell’operazione White Stone. Operazione che si basa sulle lunghe indagini condotte negli ultimi tre anni dai carabinieri di Caserta coadiuvati dai colleghi delle altre due province e che ha portato anche al sequestro di numerose dosi di droga. I destinatari della misura cautelare sono la 36enne P.E. residente ad Avella, e V.R., 44enne di Montefalcione, considerati dagli inquirenti parte dell’oliato ingranaggio che gestiva le piazze di spaccio in diverse zone della Campania. Gli arrestati sono 67, mentre sono 72 gli indagati che secondo gli inquirenti facevano girare fiumi di cocaina anche nell’Avellinese ed in Bassa Irpinia. Ben definito nell’ordinanza del gip del Tribunale di Napoli Isabella Iaselli il ruolo dei due irpini: V.R. è indagato insieme ad altri per detenzione di ingenti quantitativi di cocaina, attività nell’ambito della quale si occupava del trasporto e della vendita al dettaglio. Per P.E. l’accusa è di detenzione, insieme ad altri indagati, di “ingenti quantitativi di cocaina” che veniva poi spacciata nel Nolano ed in alcuni comuni dell’Avellinese e della Bassa Irpinia. I reati contestati risalgono al 2015, anno in cui prende le mosse l’importante inchiesta della procura sammaritana che si è basata soprattutto sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e poi sui lunghissimi tabulati delle intercettazioni telefoniche ed ambientali che hanno permesso di risalire ai promotori del traffico di stupefacenti, ai rispettivi ruoli ed alle piazze di spaccio. Un meccanismo in cui è fondamentale la lunga “esperienza criminale” degli indagati che per camuffare il riferimento alla droga usavano codici. La “sfogliatella”, la “grappa barricata”, la “pastiera” erano riferimenti alla droga mentre “apparecchiare la tavola”, “preparare il presepe”, “gas soporifero”, “bianchetto”, “calzare le scarpe ai bambini” si usavano per avanzare richieste di stupefacente,. Espressioni come “10 euro di nafta”, “marca da bollo da 10 euro”, “serie A”, “il camino è buono”, “fratello grosso”, “quanti invitati siete”, “portare il verde” servivano invece ad indicare la qualità e le quantità richieste di stupefacente. Tra di loro, infine, i componenti dei gruppi di pusher si chiamavano con nomignoli (“la Signora”, “il Polacco”, “O’ Viking”, “O’ Leone”, “il Messicano”, “il Killer”, “Diablo”, “Pistola”, “Bastone”, “il Geometra” e “O’ Gnu” ) per non essere identificati, sapendo di essere intercettati.