NAPOLI –  Un clan al vertice di un cartello di famiglie camorristiche, come quelle capeggiate da Eduardo Contini e Patrizio Bosti, con i quali i vincoli sono ancor piĂą cementati per i rapporti di parentela. Una organizzazione, che ha dato vita al sodalizio denominato Alleanza di Secondigliano, attiva sia in cittĂ sia nella cintura metropolitana, che reinveste i proventi delle attivitĂ illecite, attraverso societĂ e prestanome, nella cosiddetta economia legale, in particolare nel settore dell’edilizia. AttivitĂ estese non solo in Campania, ma anche in Toscana, in Abruzzo, nel Lazio e in diverse altre regioni. E’ la “fotografia” del clan Mallardo emersa dall’inchiesta che ha portato oggi all’esecuzione da parte della polizia di 19 arresti, al sequestro di 59 immobili, 9 societĂ , ovvero beni per 50 milioni oltre al sequestro “per equivalenza”, fino al raggiungimento di una somma di 829 milioni di euro. L’operazione è stata coordinata dal procuratore di Napoli Giovanni Melillo, dal procuratore aggiunto e coordinatore della Dda Giuseppe Borrelli, ed ha visto impegnati gli uomini dello Sco, diretti da Alessandro Giuliano, e delle squadre mobili di Napoli e Firenze che hanno svolto le indagini.
Al vertice dell’organizzazione il boss Francesco Mallardo al quale l’ordinanza di custodia è stata notificata nel carcere milanese di Opera. Le intercettazioni ambientali, disposte quando il capo della cosca si trovava in soggiorno obbligato a Sulmona, hanno impresso un forte input all’indagine. Tra i destinatari dei provvedimenti spicca il nome di Antimo Liccardo, ritenuto tra gli elementi di spicco della cosca di Giugliano in Campania, cognato e fiduciario del boss. Le indagini hanno anche fatto luce sullo scontro interno al clan con alcuni esponenti che, violando l’ordine impartito dai Mallardo, avevano venduto droga nel territorio di Giugliano.
L’inchiesta – condotta dai pm della Dda partenopea Ilaria Sasso del Verme e Cristina Ribera – si è avvalsa soprattutto di indagini patrimoniali e intercettazioni telefoniche e ambientali, mentre non decisivo – contrariamente a altre indagini antimafia – è stato il contributo offerto dai collaboratori di giustizia a dimostrazione – come hanno spiegato gli inquirenti – che il clan Mallardo è un gruppo assai coeso in cui le defezioni sono assai rare o inesistenti. E’ emersa anche una “non occasionale infiltrazione ma una vera e propria immedesimazione” tra gruppi criminali e appartenenti al mondo politico-amministrativo, testimoniata dai rapporti tra la pubblica amministrazione locale, la camorra e le imprese. Nel mirino degli investigatori soprattutto le operazioni di riciclaggio, le intestazioni fittizie di societĂ , e gli investimenti nel settore immobiliare che avevano consentito l’accumulo di un ingentissimo patrimonio. Due societĂ attive nel settore dell’edilizio hanno funzionato – si legge nell’ordinanza di custodia – come centrali per la ripulitura del denaro proveniente dalle attivitĂ illecite dei Mallardo. Il meccanismo utilizzato è stato quello del “finanziamento conto soci”, attraverso l’immissione di denaro provento delle attivitĂ illegali, e del ritorno delle somme al clan sotto forma di “restituzione finanziamento soci” dopo l’impiego delle provviste, ripulite, in speculazioni edilizie “formalmente del tutto corrette”. Una inchiesta che coinvolge anche professionisti come un avvocato civilista, un geometra e un impiegato comunale.
E’ in corso di esecuzione anche un sequestro preventivo di beni, tutti riconducibili al clan Mallardo. Complessivamente sono 19 le persone colpite da misure cautelari, tra queste c’è il capoclan Francesco Mallardo e suo cognato, Liccardo Antimo, dipendente del comune di Giugliano in Campania. L’operazione ha visto interessate Napoli e il comune di Giugliano in Campania, Firenze ed altre province in Toscana.