NOLA (Nello Lauro- Il Mattino). Chiuso per eccesso di bellezza. Un paradosso tutto nolano per il complesso conventuale monumentale di Sant’Angelo in Palco. Un sito di proprietà dell’Ordine dei Frati Minori Francescani della Provincia di Napoli tra le perle del Rinascimento ormai chiuso da oltre quattro anni. Un gioiello del 1450, una ricchezza dell’immenso giacimento di bellezze nolane abbandonato all’oblio: situazione che ha spinto Alfredo Mazza, presidente dell’associazione europea Nola–Bordeaux, a scrivere al ministro ai Beni Culturali Dario Franceschini, ai presidenti delle commissioni Beni Culturali della Camera e del Senato, al ministro generale Frati minori Francescani, al sindaco Geremia Biancardi e al vescovo di Nola Francesco Marino affinché Sant’Angelo «venga salvato dal crollo, degrado e oblio attraverso un intervento diretto che la legge prevede per evitare danni gravi ed irreparabili ad un gioiello del rinascimento campano».
Un grido di allarme ed una richiesta di aiuto lanciati per evitare che la città perda un luogo splendido ma che negli anni ha anche rapito la fantasia dei visitatori perché custodisce quello che è stato soprannominato il «Codice da Vinci nolano». Qui, nel refettorio, si può ammirare l’affresco dell’Ultima Cena, opera del 1503 dipinta da un anonimo artista che presenta una similitudine con una immagine dell’Ultima cena contenuta nel best seller di Dan Brown. Secondo la teoria dell’autore americano che ha venduto 100 milioni di copie, nel Cenacolo di Leonardo accanto a Gesù non c’era l’apostolo Giovanni l’Evangelista ma Maria Maddalena, considerata dallo scrittore la sposa di Cristo. Come nella immortale opera di Leonardo da Vinci anche nel dipinto nolano i caratteri somatici della persona vicina a Cristo sono femminili. Ma non solo. Nell’opera del convento di Nola l’apostolo Giovanni si trova vicino a Gesù, col capo poggiato sulla sua spalla, proprio come nella ricostruzione che il personaggio del libro sir Leigh Tebing fa modificando al computer l’Ultima cena leonardiana. Un particolare clamoroso che in Italia ha solo un altro caso simile: il dipinto del 1500 nella chiesa di San Benedetto nella frazione di Celarda a Feltre (Belluno).
Una suggestione forte, per alcuni blasfema, da quattro anni preclusa a turisti e fedeli. «La nostra associazione – dice Alfredo Mazza – ha più volte manifestato interesse per il rilancio del bene insieme all’ordine, ma le risposte sono state non positive. Abbiamo proposto più volte il progetto innovativo ed internazionale di interscambio culturale e sociale attraverso anche il network francescano in Europa e nel mondo, affinché il convento potesse diventare un luogo di incontro, di crescita e di formazione per giovani cittadini del terzo millennio, senza confini e barriere, in un mondo ormai digitalizzato e globalizzato e il nostro progetto sarebbe stato finalizzato alla conservazione e riqualificazione di Sant’Angelo, mediante altre attività finanziate da fondi pubblici e privati. Il nostro intervento sarebbe stato messo in atto con urgenza per il ripristino della sicurezza del bene, il recupero ambientale e paesaggistico del complesso con occupazione e formazione al lavoro».
Nella lettera si chiede al ministro Franceschini «un incontro e un intervento forte e urgente affinché si eviti il peggio per il convento di Sant’Angelo, che dopo 500 anni rischia di essere distrutto dall’indifferenza della proprietà e delle istituzioni». La bellezza non può restare chiusa.