SALERNO – Il Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Salerno sta eseguendo 5 ordinanze cautelari e sequestri per oltre 12 milioni di euro nei confronti di 13 soggetti e 21 società operanti nel settore della vigilanza privata, trasporto e custodia di valori. L’operazione, denominata “Ipervigile”, e’ stata avviata dalla scoperta dell’ammanco di 9,8 milioni di euro in un caveau di un istituto di vigilanza. Venivano anche spacciate banconote contraffatte, sostituendole a quelle autentiche.Fallite 11 su 25 società del gruppo, gestite da una famiglia nocerina che si avvaleva di prestanome. Contestati associazione per delinquere, reati fallimentari, tributari e previdenziali, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, spendita di monete falsificate, appropriazione indebita e violenze ai dipendenti. L’inchiesta è condotta dalla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore. Sono state avviate dopo una segnalazione della Banca d’Italia, nell’ottobre 2013, relativa a un ammanco di oltre 9,8 milioni di euro nel caveau della società Ipervigile Srl, le indagini che oggi hanno portato la Guardia di Finanza di Salerno ad eseguire cinque arresti e a una confisca di beni, per oltre 12 milioni di euro, tra valori, beni mobili e immobili, oltre al sequestro di quote azionarie e di partecipazione di 21 società sull’intero territorio nazionale. Sono stati accertati anche episodi in cui nel caveau della società Ipervigile venivano sostituite banconote genuine con altre false. Per le banconote false veniva quindi chiesto il rimborso alla Banca d’Italia, mentre quelle genuine venivano sottratte. Ai domiciliari sono finiti Fernando De Santis, Filomena Paolino, Filomena Vicidomini, Maria Assunta Scarpati e Pierdonato Gallitelli. Esaminate oltre 20 società, tutte amministrate formalmente da prestanome e riconducibili alla famiglia De Santis di Nocera Inferiore (Salerno), operante da decenni nel settore della vigilanza privata. L’attività investigativa, coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica Roberto Lenza, ha consentito di appurare l’esistenza di un’organizzazione, facente capo alla famiglia De Santis (Fernando De Santis, Filomena Vicidomini e Filomena Paolino). Dapprima spogliavano alcune di queste società di tutte le componenti produttive e, successivamente, le lasciavano fallire e/o cessare. Le cariche societarie venivano intestate a dipendenti e/o consulenti delle società del Gruppo De Santis, i quali nella maggioranza dei casi venivano intimiditi e costretti ad accettare. Chi si rifiutava veniva sottoposto a turni di notte, umiliazioni, minacce e poi emarginato. Nel frattempo il gruppo De Santis creava nuove società, con denominazioni simili a quelle delle società “morenti”, oppure ne acquisiva altre operanti nello stesso settore della vigilanza privata. Il meccanismo consentiva anche di incassare i contributi per la riassunzione agevolata di lavoratori in mobilità o licenziati, nella forma degli sgravi contributivi. I De Santis licenziavano i propri lavoratori e li riassumevano con un’altra società apparentemente estranea e in realtà sempre gestita dai medesimi, con un meccanismo che ha consentito di percepire indebitamente ai danni delle casse pubbliche centinaia di migliaia di euro.