Scure della Cassazione su chi usa Youtube come arma di ricatto per costringere qualcuno a determinati comportamenti, tenendolo sotto scacco con la minaccia di pubblicare un video non gradito. Per la Suprema Corte, infatti, “tale condotta integra il reato di violenza privata, cui si aggiunge quello di illecito trattamento dei dati personali se il video viene poi pubblicato in rete”. È quanto ha affermato la terza sezione penale della Cassazione nella sentenza depositata l’8 ottobre – riportata nella newsletter dello Studio Cataldi – pronunciandosi sulla vicenda riguardante un trentenne calabrese nei confronti del quale la Corte d’appello di Reggio Calabria confermava la condanna per i reati di trattamento illecito di dati personali e violenza privata continuata, commessi in danno di una ragazza costretta ad avere “contatti informatici con lui sotto continue minacce di pubblicazione in rete di un video che la ritraeva in pose oscene”. La Cassazione ribadisce che “il delitto di violenza privata si consuma ogni qualvolta l’autore con la violenza o la minaccia lede il diritto del soggetto passivo di autodeterminarsi liberamente, costringendolo a fare, tollerare od omettere qualcosa. Al contrario della minaccia che ha natura formale, la violenza privata è un reato di danno, nel quale la condotta sanzionata si realizza con la coartazione della volontà altrui e l’evento lesivo si concretizza nel comportamento coartato di colui che l’ha subita”. Quanto al reato di illecito trattamento dei dati personali, “la pubblicazione del video incriminato effettuata su Youtube” ha determinato una “conseguente lesione del diritto alla riservatezza dell’immagine della persona offesa”. Per cui, ricorso rigettato e condanne confermate per l’uomo. (adnkronos)