Mugnano del Cardinale- (Bianca Bianco- Il Mattino) Testimoni oculari del delitto. Hanno visto ma poi hanno taciuto e mentito i due pregiudicati di Ottaviano e San Giuseppe Vesuviano che erano insieme a Nicola Annunziata il 29 aprile scorso, quando l’uomo fu ferito nel corso del raid dinanzi la sua abitazione di via Degli Innocenti per il quale sono in prigione Luigi Bruno e Giorgio Terracciano. I due pregiudicati sono stati invece denunciati dai carabinieri di Baiano per favoreggiamento personale. Nonostante fossero insieme ad Annunziata e avessero assistito in diretta alla sua morte, hanno taciuto e dato versioni inattendibili. Nessuno dei due ha ammesso di essere lì quando Annunziata veniva raggiunto da due proiettili alla testa ed all’inguine ed hanno dato testimonianze contrastanti. Nella realtà sapevano molto di più anche in ragione del loro ruolo. I due infatti non erano ‘amici di vecchia data’ come avevano dichiarato, ma due conoscenze recenti del pensionato che li “frequentava assiduamente” perché era “preoccupato per la sua incolumità personale”. In pratica due guardaspalle reclutati da Annunziata in ragione dei rischi che stava correndo. Rischi pesanti, drammaticamente concretizzatisi a fine aprile. L’uomo infatti si era fatto garante della posizione debitoria di un familiare che doveva circa 300mila euro ai suoi aguzzini. Quando la situazione si era fatta ormai inestricabile e le pressioni erano diventate continue, Annunziata aveva minacciato di denunciare. Una minaccia fatale. E’ forse qui infatti che matura la decisione di uccidere l’ex commerciante di Ottaviano trapiantato a Mugnano e di ucciderlo davanti casa con un raid in stile esecuzione. La ricostruzione dei fatti da parte degli inquirenti della Procura di Avellino è stata ribadita dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali che confermano quella che è stata l’evoluzione dei rapporti tra Annunziata e chi poi l’ha ucciso. Rapporti iniziati a causa del forte debito di un familiare del pensionato ucciso, debiti che prima aveva provato ad estinguere proponendo affari illeciti come lo scambio con una partita di droga dall’Ecuador trasportata in Italia da trafficanti spagnoli (mai avvenuto), In seguito aveva chiesto a Nicola Annunziata di fare da intermediario nella trattativa per la restituzione dei soldi. . Una trattativa andata avanti diversi mesi tra discussioni e minacce che avevano spinto la vittima a servirsi dei due protettori, soggetti del Vesuviano già noti alle forze dell’ordine e con precedenti per armi e reati contro la persona. Due bodyguard che però non gli sono stati utili perché lo scorso 29 aprile non hanno difeso Annunziata nel corso dell’ultima lite con i suoi aguzzini. Una lite degenerata, che ha portato all’assassinio ‘non premeditato’ ma epilogo di mesi di logoranti rapporti, diverbi e minacce intorno ad un debito maledetto.