CASERTA- Nell’ambito del processo celebrato innanzi alla II sezione della Corte d’Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per il duplice omicidio “Salzillo – Prisco”, commesso il 6 marzo 2009 a Cancello ed Arnone, nel corso del quale venne ucciso Antonio Salzillo, nipote di Antonio Bardellino, storico capo e fondatore del “clan dei casalesi”, su ordine degli allora reggenti del della fazione Schiavone dello stesso sodalizio (nella persona di Nicola Schiavone) è stata emessa, in primo grado, la sentenza di condanna alla pena dell’ergastolo per Schiavone Nicola (figlio di Schiavone Franesco detto Sandokan) Russo Massimo, Barbato Francesco, Ciervo Michele; alla pena di anni 30 di reclusione per Arrichiello Ernesto, Massaro Teresa; alla pena di anni 15 e mesi 6 per Vargas Pasquale Giovanni, Vargas Roberto e Caterino Salvatore.
Le indagini iniziarono nel 2009 e si conclusero nell’aprile del 2012 con l’esecuzione di una ordinanza di custodia catelare in carcere nei confronti di otto persone: Nicola Schiavone, figlio del boss Francesco ‘Sandokan’, insieme a cinque affiliati, accusati dell’omicidio di Antonio Salzillo e Clemente Prisco; e una coppia di coniugi (Ernesto Arricchiello e Teresa Massaro) che avrebbero ospitato consapevolmente il commando omicida (composto anche da due soggetti all’epoca latitanti), offrendo loro il vitto e l’appoggio logistico necessario al fine di agevolarli nella commissione del delitto; per la “disponibilità ” manifestata veniva loro regalata da Schiavone un’autovettura Mercedes classe A.
I provvedimenti scaturirono da un approfondimento investigativo condotto attraverso l’analisi di attività d’indagine svolte nell’immediatezza del fatto, corroborate dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, che fecero emergere le dinamiche ed il movente che determinò il duplice omicidio. Tale evento, infatti, venne ricondotto alla riaffermazione della leadership del gruppo Schiavone nelle zone assoggettate al proprio controllo, attraverso la punizione, con la morte, di una delle due vittime, Salzillo, nipote di Bardellino,  che dopo anni di “esilio” non solo era rientrato in Cancello Arnone senza l’autorizzazione dei vertici del clan di quel periodo ma aveva anche iniziato a gestire un’attività commerciale (vendita di autovetture usate).
L’omicidio fu organizzato in pochissimi giorni, con il coinvolgimento di pochi fedeli al gruppo Schiavone, tra cui anche gli allora latitanti Pasquale Vargas e Massimo Russo. La preparazione dell’agguato, infatti, fu tenuta all’oscuro sia di  Antonio Iovine che di  Michele Zagaria, poiché in altre occasioni si era tentato di ammazzareSalzillo ma per una ragione o per un’altra questi era sempre sfuggito all’attentato, per cui – in base a quanto deciso da Schiavone Nicola – si doveva procedere nella massima segretezza.
Infatti, a distanza di pochi giorni dalla sentenza di morte, un commando armato di Kalashnikov e pistole semiautomatiche, composto da quattro killer a bordo di un’Audi SW ( Massimo Russo, Pasquale Vargas, Crescenzo Laiso e Carmine Morelli alla guida), una volta allertato della presenza della vittima da parte dei due specchiettisti a bordo di una Toyota Yaris (Salvatore Caterino e Franco Bianco), dopo un breve inseguimento affiancò l’autovettura BMW condotta dal Salzillo e con a bordo Clemente Prisco (assassinato solo perché si trovava per sua sfortuna in compagnia del Salzillo); in tale frangente, Massimo Russo armato di un Kalashnikov sparò una prima raffica all’indirizzo del Salzillo, il quale perse il controllo dell’autovettura finendo nel canale per la raccolta delle acque reflue adiacente alla via Santa Maria a Cubito,d ove il commando esplose altri colpi d’arma da fuoco terminando quindi la missione.
I killer, subito doto la commissione del duplice omicidio, si recarono presso l’abitazione di  Franco Bianco a Casal di Principe, che quale compenso per la sua “ospitalità ” ricevette la somma di 1.500 euro.
Michele Ciervo venne accusato di aver nascosto e successivamente incendiato l’autovettura utilizzata per commettere il delitto.
In base a quanto dichiarato da un collaboratore di giustizia, Nicola Schiavone,  soddisfatto dell’operato dei suoi killer, regalò a ciascuno di loro 50 grammi di cocaina e 10.000 euro.