NAPOLI- (Ansa) Non ricorda ancora quanto accaduto nel tragico pomeriggio di venerdì, ma chiede perdono: ai suoi familiari, a quelli delle altre vittime. Giulio Murolo, l’infermiere in carcere per la strage che ha fatto quattro vittime, si è sfogato così – secondo quanto riportano alcuni quotidiani – con il suo legale, l’avvocato Carlo Bianco, che ieri lo ha assistito per l’interrogatorio in carcere da parte del pm. Murolo si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del pm. Al suo legale ha ribadito la richiesta di perdono (“a mia madre, ai miei nipoti, alle altre persone”) ed ha cominciato a raccontare la sua versione sui rapporti conflittuali nei confronti del fratello, vicino di casa, sostenendo di essere stato costretto “a subire da una vita”. L’infermiere, sempre parlando con il legale, avrebbe sostenuto anche di essere stato aggredito con un coltello dal fratello Luigi. Proprio Luigi Murolo e la moglie, Concetta Uliano, sono state le prime due vittime della strage di venerdì, durante la quale sono stati uccisi anche l’ufficiale della polizia municipale Francesco Bruner e il cuoco Luigi Cantone. Sei i feriti, uno dei quali ancora ricoverato in gravi condizioni.
In casa anche kalashnikov e machete – Oltre alle armi detenute legalmente l’infermiere che venerdì ha ucciso quattro persone nel quartiere napoletano di Secondigliano possedeva anche un fucile mitragliatore Kalashnikov – con matricola abrasa – e due machete. La scoperta è stata fatta dagli agenti della polizia. Il fucile mitragliatore e i machete erano nella camera da letto. Inoltre i poliziotti hanno rinvenute anche diverse munizioni. Luigi Murolo, 48 anni, incensurato, ora dovrà rispondere anche di detenzione illegale di arma e ricettazione.
Destano ”preoccupazione” le condizioni di Vincenzo Cinque, il vigile rimasto gravemente ferito nella sparatoria di Secondigliano dove un uomo ucciso 4 persone e ferito altre sei. Dalla direzione sanitaria della Asl Napoli 1 fanno sapere che il paziente, ricoverato al San Giovanni Bosco, è al momento sottoposto a Tac per valutare se operarlo. ”Il paziente – ha spiegato Ernesto Esposito, dg della Asl Napoli 1 – ha un emocromomo molto basso e le sue condizioni sono preoccupanti”. ”A seguito degli esami in corso – ha aggiunto il direttore generale dell’Asl Napoli 1 – si deciderà come procedere e se riportarlo in sala operatoria”. Il vigile resta, dunque, in prognosi riservata. Diverso e più rassicurante il quadro clinico degli altri feriti le cui condizioni non vengono giudicate preoccupanti.
Rilievi sono stati compiuti dalla Polizia scientifica nel corso della notte e in mattinata sui luoghi dove Giulio Murolo, l’infermiere di 48 anni, ha ucciso ieri quattro persone e ne ha ferito altre sei, nella zona di via Miano, a Napoli. Accertamenti sono in corso anche sulle armi dell’uomo, che aveva una passione per la caccia. Tutta l’attività investigativa farà parte degli atti trasmessi alla Procura della Repubblica di Napoli. Murolo, in un pomeriggio di terrore, ha ucciso il fratello Luigi, la cognata Concetta Uliano, il capitano dei vigili urbani, Francesco Bruner, vicino di casa e in servizio all’ ufficio ispettivo del Comando della Polizia municipale, e un passante, Luigi Cantone. I feriti sono il vigile urbano, Vincenzo Cinque, colpito al collo e al torace, i poliziotti Cristoforo Cozzolino e Umberto De Falco, il carabiniere Luigi Christian Infante e due passanti, Salvatore Michele Varriale e Luigi Capasso.
La ricostruzione – Una strage della follia. Dopo una lite per dei panni stesi ad asciugare spara in strada per un’ora e mezza, prima con una pistola e poi con uno dei suoi fucili da caccia. A cadere sotto i colpi di Giulio Murolo, 48 anni, infermiere, sono la cognata, il fratello, un ufficiale della polizia municipale che aveva tentato di fermarlo, un fioraio che percorreva la strada a bordo di uno scooter. Sei persone – due poliziotti, un carabiniere, un altro vigile urbano e due passanti – rimangono ferite. L’uomo è in preda a un raptus, poi decide di lasciarsi catturare senza opporre resistenza dopo essere stato convinto al telefono da un operatore del 113 con il quale parla per una quarantina di minuti. Scenario della strage via Miano, alla periferia nord di Napoli. Il pomeriggio di sangue sconvolge la città: il sindaco Luigi de Magistris proclama il lutto cittadino (“una tragedia enorme per Napoli e per il Comune”), cancellate le manifestazioni – l’inaugurazione di una stazione del metrò e un appuntamento elettorale con il Pd – in programma domani con il premier Renzi, che chiama il sindaco per esprimergli cordoglio e solidarietà. Dal ministro Alfano vicinanza alle vittime e ai feriti. Murolo, nessun precedente penale, dipendente del reparto di chirurgia toracica dell’ospedale Cardarelli, viene descritto dai colleghi come uomo introverso ma che mai nei suoi comportamenti aveva manifestato segni di squilibrio.
“Non soffre di patologie psichiche”, conferma il questore di Napoli Guido Marino. Tuttavia oggi quest’uomo, appassionato di caccia e possessore di molte armi regolarmente detenute, in preda a un raptus prende la mira con freddezza contro parenti, vicini, passanti. Prima vittima è la cognata, Concetta Uliano, 51 anni, poi viene colpito il fratello, Luigi Murolo, 52 anni. La prima parte della carneficina si svolge all’interno della palazzina a due piani in via Miano. Poi l’infermiere, cacciatore e titolare di una licenza di tiro a segno, si sposta sul balcone e comincia – secondo le parole del questore di Napoli – “il tiro al bersaglio su chiunque si muovesse”.
Cadono così il tenente della polizia municipale Francesco Bruner, 60 anni, vicino di casa di Murolo, e un fioraio, Luigi Cantone, 59 anni, che era alla guida di uno scooter. Dei sei feriti è in gravi condizioni solo un agente della polizia municipale che stava fermando il traffico, per difendere i passanti dal fuoco dei proiettili: Murolo lo ha colpito con precisione da cacciatore, alla gola, e l’uomo è ora ricoverato in rianimazione con prognosi riservata. I rapporti di Murolo, celibe, con il fratello e la cognata – che vivevano nell’appartamento accanto – erano tesi da tempo. I vicini raccontano di dissapori e ruggini antiche, i colleghi dell’ospedale Cardarelli descrivono l’infermiere come un uomo introverso, silenzioso. Un uomo che ama la caccia, detentore di diverse armi, che oggi ha seminato panico e sangue. Gli spari iniziano poco dopo le 15: i testimoni raccontano di detonazioni ripetute, “sembrava che stessero girando una fiction”. I negozianti abbassano le saracinesche, chi vive in zona chiama parenti e amici per avvertirli di non passare per via Miano. Murolo ad un certo punto chiama il 113, “sono quello del macello di Miano”. L’operatore lo mantiene al telefono, per 40 interminabili minuti, e alla fine lo convince ad arrendersi senza opporre resistenza. L’uomo si consegna ed esce dal palazzo della strage, mentre poliziotti e carabinieri lo proteggono dalla furia di decine di persone radunate in strada. Agli uomini in divisa non dice una parola. Freddo, silenzioso come quando ha preso la mira contro uomini e donne, come in un uno dei suoi amati tiri a segno.