NOLA- Un’alleanza tra Di Domenico e Sangermano per combattere il cartello Fabbrocino-Cava nella fornitura di calcestruzzi nel Nolano. L’operazione “Breccia” della Procura di Napoli ha riportato a galla le lotte tra clan per il monopolio de settore, come rivela l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Egle Pila. Tra i destinatari, presunti affiliati al clan Fabbrocino, Giovanni Fabbrocino- figlio del boss- e l’ex assessore del Comune di Nola Gianpaolo De Angelis.
Grazie alle estorsioni ed alle minacce, la Gifra, società di fatto di proprietà dei Fabbrocino, è riuscita ad imporre il proprio nome unico nel mercato del calcestruzzo. Ma precedentemente proprio su questo campo i Fabbrocino hanno dovuto affrontare una battaglia contro i Di Domenico, come ha rivelato lo stesso boss Marcello Di Domenico in uno degli interrogatori resi da collaboratore di giustizia. Una battaglia che lo ha visto allearsi a Agostino Sangermano, leva emergente proveniente dalla frazione Livardi, contro l’organizzazione vesuviana alleata invece coi i Cava.
Il ‘marciulliano’ racconta che dopo la scarcerazione nel 2011 ebbe modo di incontrare Sangermano per concordare “come liberare il territorio di Nola dalla presenza di Cava e di Fabbrocino”. L’intenzione è quella di fare cartello contro i nemici Fabbrocino e Cava. “Mi sono poi incontrato con Agostino Sangermano in una zona di campagna ubicata nelle vicinanze del ristorante ubicato nella zona di Nola denominata Santa Lucia (…). L’incontro durò circa un’ora, un’ora e mezza e la discussione fu incentrata sulla necessità di liberare Nola dalla presenza dei Cava e dei Fabbrocino; in buona sostanza proponevo a Sangermano un accordo per unire le nostre forze e riprendere il controllo esclusivo della zona”.
L’accordo tra Di Domenico e Sangermano prevedeva l’equa spartizione (al 50% ) dei ricavati delle attività estorsive che sarebbero state commesse a Nola. L’alleanza però sfumò amaramente per entrambi, arrestati di lì a poco, senza impedire che fossero eseguite alcune estorsioni necessarie, per i due boss dell’Agro, per fare in modo che solo le imprese nolane avessero il controllo del calcestruzzo: “Non ho una ditta nella quale ho interessi societari- racconta al magistrato- ma ho sempre preteso che a Nola operassero imprenditori nolani. Per questa ragione volevo evitare che il figlio di Mario Fabbrocino, Giovanni, scaricasse il calcestruzzo a Nola”. Di Domenico contesta la sede legale ed i prezzi imposti dalla Gifra (“Ho saputo da un imprenditore che i prezzi praticati da Fabbrocino sono di 70 euro a metro cubo, che è un prezzo molto elevato; il prezzo giusto è tra i 60 e i 61 euro a metro cubo. Nel 2004 io praticavo prezzi di 54 euro a metro cubo”.
Prima dell’arresto, dunque, Di Domenico ha tentato in tutti i modi di mettersi di traverso alla Gifra per rimpiazzarla con ditte vicine ai clan nolani. Per farlo, arrivava ad impedire fisicamente lo scarico di materiale in area nolana, pratica contro la quale i Fabbrocino proposero un accordo in cui il boss nolano avrebbe dovuto riscuotere parte dei proventi come tangenti. Il marciulliano non accettò accordi ma pretese una percentuale sull’importo per i lavori di una grande opera in costruzione nell’area. Soldi mai ricevuto perché fu arrestato prima di riscuoterli.