NOLA- (di Bianca Bianco e Nello Lauro) Un raid xenofobo. Una aggressione razzista contro un senzatetto straniero. Sarebbe questo il movente dietro l’aggressione a Sasha, 44enne rumeno senza fissa dimora vittima di un brutale pestaggio la scorsa settimana. L’uomo è stato preso a bastonate da un gruppo di giovani italiani mentre dormiva nella casetta del passaggio a livello della stazione di Nola. Il suo cane, da cui non si separava mai, è stato ucciso dagli stessi balordi. Una storia drammatica che potrebbe nascondere un movente che fa rabbrividire: la caccia allo straniero. Un’ipotesi inquietante valutata dagli inquirenti che su questa vicenda stanno indagando con grande riserbo. Un riserbo che non impedisce a notizie di portata esplosiva di trapelare. L’aggressione al senzatetto sarebbe collegata all’incendio del ricovero per extracomunitari avvenuto la stessa sera a a piazza D’Armi. La mano, diabolica, sarebbe la stessa. I sentimenti, cattivi, gli stessi.
RAID RAZZISTA– Il razzismo, dunque. La caccia allo straniero, la xenofobia potrebbero essere dietro l’aggressione contro l’uomo originario della Repubblica Ceca, da un bel po’ a Nola, conosciuto come persona mite da molti nolani che lo vedevano davanti negozi e supermercati, o accoccolato nei pressi della stazione e poi dentro la casetta abbandonata del passaggio a livello per cercare un po’ di calore e una difesa dalle intemperie. Sasha sapeva dove chiedere un pasto caldo in città, sapeva dove avrebbe trovato un tetto ed un letto. Ma decideva di restare in strada per non lasciare il suo amico a quattro zampe, compagno di vita che era sempre al suo fianco. La notte tra il 17 ed il 18 marzo, il 44enne era di nuovo lì, nei pressi del passaggio a livello, e dormiva. Il sonno è stato interrotto dalle grida violente di un gruppo di ragazzi (italiani, accento del posto, vestiti bene ed arrivati in sella a degli scooter) che hanno iniziato a colpirlo con assi di legno, inveendo e infierendo anche sul cane con la stessa crudeltà. Grida, sangue, orrore al centro di Nola. Quanto stava accadendo ha svegliato alcuni residenti nel quartiere, uno di loro è sceso, ha urlato al branco di fermarsi. Quelli, per tutta risposta, hanno provato a raggiungerlo: “Vieni che ti diamo il resto, ti spacchiamo la testa…” hanno gridato per poi essere messi in fuga da altre persone accorse sul posto. Gli stessi che poi hanno chiamato l’ambulanza del 118 che ha trasportato Sasha all’ospedale di Nola.
IL PIANO– Le indagini da quella notte proseguono senza sosta. Gli inquirenti cercano di capire chi possa avere agito in maniera così violenta nei confronti di una persona inerme e che non ha mai dato fastidio. Un uomo per bene che vive vagabondando. Proprio cercando il movente sarebbe emersa la prima, eclatante, notizia. Il raid contro Sasha sarebbe stato compiuto dallo stesso branco durante la stessa notte del 17 marzo. Un rogo appiccato dolosamente nel ricovero degli extracomunitari (salvati dal tempestivo intervento delle forze dell’ordine), fiamme secondo alcuni alimentate dall’odio razziale. Una ipotesi sconvolgente, quella della notte di caccia allo straniero, che ad oggi non può ancora trovare un riscontro ufficiale dagli investigatori.
LE TELECAMERE- Gli inquirenti del resto battono ogni pista utile. Dalla notte di violenze hanno ascoltato numerosi testimoni e lo stesso 44enne. Inutile cercare fotogrammi della videosorveglianza della stazione che, secondo fonti del giornalelocale, sarebbe disattiva. O almeno lo era quella notte. Per questo si scandaglia l’area alla ricerca di occhi elettronici a difesa di abitazioni private o attività commerciali, telecamere che abbiano potuto immortalare il passaggio del branco fino ad oggi senza volto.
SASHA- Mentre si cerca la verità, Sasha resta all’ospedale di Nola. Braccia e gambe ingessate, volto tumefatto, quaranta punti di sutura al capo e lo sguardo di chi non ha perso la dignità. Ha rifiutato di sottoporsi ad operazioni ma i medici dell’ospedale di Nola stanno cercando di convincerlo perché rischia di restare invalido. Non può essere dimesso (avrebbe dovuto lasciare l’ospedale oggi) perché non ha ancora un posto dove andare. Da alcuni giorni però tante persone, soprattutto volontari delle associazioni della città, si recano al suo capezzale o si informano su come aiutarlo chiamando direttamente il nosocomio. Molti portano generi di conforto, vestiti, abbracci, parole di amicizia. E soprattutto lo rassicurano: su questa vicenda nessuno farà calare il silenzio.