di Isabella Savinelli
“Che tu sia per me il coltello” è una di quelle opere senza mezzi termini, che piace tantissimo o non piace per niente, dunque, in un modo o nell’altro, non lascia indifferenti. Il suo autore, David Grossman, scrittore e saggista israeliano più noto tra gli autori contemporanei, prende spunto dalla celebre massima kafkiana “Amore è il fatto che tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso ”, conservandone la profondità e l’irruenza. Pubblicato nel 1999, incluso nei romanzi definiti “sperimentali” per la particolare architettura della trama e della forma, il romanzo, tra dissensi e assensi, da subito conquista un’ampia fetta di lettori. La storia inizia il primo aprile di un anno ignoto nei pressi di Gerusalemme. Yair, libraio non di bell’aspetto di un quartiere residenziale i cui traumatici ricordi fanno barcollare il suo nucleo familiare, durante un raduno con gli ex compagni del liceo, intravede appena Myriam stringersi nelle braccia con un cauto sorriso e questo impercettibile movimento viene colto da lui come un gesto liberatorio, fatto per distanziarsi dal mondo circostante. Questo suo piccolo gesto cattura la sua curiosità: le scrive una lettera, la prima, proponendole uno scambio di corrispondenze in cui entrambi debbano prendere accurate distanze dalla realtà e aprirsi l’uno all’altro con assoluta sincerità e dare libero sfogo ad ogni sorta di pensiero, desiderio, fantasia senza freni né restrizioni. Myriam, donna con una storia tragica alle spalle, un amore coniugale non così solido e serenamente vissuto e un figlio difficile, resta colpita da questa proposta che sfiora la disperazione di un’implorazione, per cui accetta. Dopo un intenso periodo epistolare, subito si delineano le esigenze di ognuno: entrambi amano quel modo singolare di comunicare ma lui, dietro lo scudo delle parole scritte, nasconde l’insicurezza che nutre nei riguardi del suo aspetto fisico, mentre lei chiede spesso di vedersi. I pensieri prendono corpo, i corpi prendono una forte consistenza immaginaria che rasenta l’erotisno, le confidenze sono talmente intime e molteplici che sembrano conoscersi e vedersi da sempre. Yair infatti le racconta di lui obbligandola sin dall’inizio ad accettare il fatto che non sarà mai un corpo e ponendole un termine: tutto finirà con le prime piogge d’autunno. E, sotto la pioggia, avverrà il loro spiazzante epilogo. Il libro è diviso in tre parti: lui che scrive a lei, lei che scrive di lui sul suo diario e la pioggia che fa da spettatrice al loro singolare incontro. Il romanzo sembra essere senza trama perchè il velo epistolare che lega i due scriventi sostituisce gesti e contatti, gli stessi che il lettore si aspetta nella parte finale del libro. Deludendo probabilmente, quindi, le aspettative degli amanti di letture dure, concrete e avvincenti, cattura, invece, i lettori stoici: Yair e Myriam sono sin da subito immersi in un mondo fatto di parole e di profonda sensualità, in cui ogni cosa ha un forte potere evocativo e il grande Grossman, con una scrittura densa e incisiva, ritrae perfettamente i sentimenti che animano i due protagonisti e il leggero velo di struggente cinismo che accompagna la storia. Purtroppo la poca consistenza dell’intreccio, forse completamente assente, e il finale, apparentemente inconcludente, penalizzano questo anomalo, complicato ma profondo libro incentrato sui rapporti umani, quelli tra un uomo e una donna, un marito e una moglie, un genitore e un figlio, in cui ogni emozione e sentimento, negativo o positivo che sia, è tagliente e decisivo come la lama del coltello che segna, in maniera netta, prima o poi, una svolta interiore. AUTORE: David Grossman
TITOLO: Che tu sia per me il coltello
ANNO: 1999
EDITORE: Mondadori
PAGINE: 330
PREZZO: 10.00 €