Uno striscione ‘privato’ appeso ad un balcone del centro storico di Nola per inneggiare alla partecipazione di una paranza e di un comitato alla festa dei gigli di Brusciano. Niente di strano per chi, girando per Nola, è abituato a vedere striscioni sulla festa in tutti i periodi dell’anno (anche se di recente la Fondazione ha chiesto al sindaco di regolamentare anche questo aspetto), ma l’utilizzo non autorizzato del simbolo unesco (abbinato, poi, alla festa bruscianese) ha scatenato moltissime polemiche. Alla fine lo striscione è stato levato, ma resta il problema dell’uso indebito del marchio creato dall’artista belga Michel Olyff ed usato dall’Unesco dal 1978. Un marchio visto anche su alcuni prodotti commercializzati, nonostante esista espresso divieto.
“L’utilizzo del nome e del logo dell’Unesco e del Patrimonio Mondiale è sottoposto ad una ferrea regolamentazione, alla quale ci si deve strettamente attenere, onde evitare problemi di carattere legale”. Lo stabilisce lo stesso organismo preposto alla salvaguardia del patrimonio materiale ed immateriale dell’umanità, che fissa stringenti linee guida.
Per usare nome Unesco, sigla, logo, acronimo, dominio internet o altro elemento distintivo si deve chiedere il permsesso che può essere concesso solo dalla Conferenza Generale e del Comitato Esecutivo del Patrimonio Mondiale. In alcuni casi specifici, come indicato dalle direttive, questi organi delegano il Direttore Generale e le Commissioni Nazionali. “L’autorizzazione deve essere espressamente concessa in anticipo e per iscritto, e seguire le condizioni e le procedure previste, in particolare per quanto riguarda la presentazione visiva, la durata e la diffusione”. Dalla Commissione non si transige, deve approvare testi e contenuti che rechino un riferimento all’Unesco e il placet è sempre negato quando gli scopi sono commerciali. L’autorizzazione è legata alla condizione che le autorità nazionali possano esercitare il controllo di qualità dei prodotti.
Regole rigide, dunque. Non basta avere la festa nella lista dei beni tutelati per poter piazzare il marchio ovunque, soprattutto se il bene è commercializzabile (anche su questo punto, forse, i controlli della Fondazione sul proliferare di prodotti marchiati, andrebbero intensificati).