di Bianca Bianco
NOLA- “Agivamo con la consapevolezza dell’allora sindaco Felice Napolitano”. Questo dichiara Filomena De Sena, impiegata comunale addetta alla formazione dei mandati nella Tesoreria del Comune di Nola arrestata ieri, quando viene sentita dagli inquirenti sulla vicenda “Mandatopoli”. Nella sua dichiarazione, l’ex dipendente che si dimise a luglio, quando la bomba investigativa e mediatica scoppiò, fa riferimento più volte allo scomparso sindaco Napolitano che fu primo cittadino di Nola dal 2004 al 2009 e che è morto due anni fa dopo una breve e aggressiva malattia.
Lo scorso 11 settembre la De Sena si trova dinanzi gli inquirenti. Lo scandalo è scoppiato e l’ex addetta ai mandati di pagamento spiega perché era nata quella “prassi” di formare mandati falsi e come. “La questione è nata nel 2004 o nel 2005- spiega- quando fui convocata nell’ufficio dell’allora sindaco Felice Napolitano, dove in seguito intervenne anche Angelo Ranieri. Napolitano mi disse che doveva reperire dei fondi per persone indigenti e che avrei dovuto formare mandati a nome dell’impresa Mercogliano Antonio. Successivamente, sempre il sindaco Napolitano alla presenza di Angelo Ranieri, mi disse che dovevamo ricostruire e formare di nuovo il mandato già riscosso da Mercogliano”.
Con diversi accorgimenti suggeriti da Ranieri, quella che era diventata una prassi va avanti. Una storia da cui la donna dice di non avere tratto alcun beneficio o vantaggio economico o di altra natura. “Mi sono dimessa- aggiunge- perché stufa di trovarmi facce ostili in ufficio, che stranamente erano diventate “pure e caste””. Era così in buona fede, racconta, che quando accedeva al database della tesoreria “lasciava la schermata aperta” se si allontanava dall’ufficio.
Durante l’interrogatorio quindi anche la De Sena, come Mercogliano, si difende. Prima raccontando che l’iniziativa era stata del sindaco Napolitano, poi attribuendo gran parte delle responsabilità nella gestione della “prassi” a Ranieri ed infine ricordando che le password del suo computer da cui avrebbe manipolato il database della Tesoreria erano note a tutti nell’ufficio. Uno scaricabarile nel quale l’unico che non potrà difendersi sarà Felice Napolitano.