sabato, Novembre 23, 2024
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Rifiuti & cemento, Legambiente: Campania ancora ‘maglia nera’in Italia

di Rachele Peluso

Cemento e rifiuti. Un binomio che pone la Campania al primo posto nella classifica dell’illegalità anche quest’anno. Se la Campania potesse esportare il know how in tema di abusivismo, cementificazione selvaggia, sversamento illegale di rifiuti tossici, discariche non autorizzate ed altre amenità, sarebbe una potenza mondiale. Sarebbe la Cina nell’economia di scala del malaffare legato all’ambiente. Che onore. Ma già lo sapevamo. Solo che tocca sempre un po’ l’anima e pure l’orgoglio sentirsi dire per l’ennesima volta di essere in cima nella classifica dell’illecito ambientale. Stavolta la maglia nera ce la fa indossare “Legambiente”, l’associazione ecologista che ha stilato Ecomafia 2013, il dossier dedicato a “storie e numeri della criminalità ambientale” redatto dall’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità, organo della stessa storica associazione. I numeri che emergono sono da brividi. E fanno dire ad un magistrato: “qui la Costituzione è di fatto abrogata”. In un anno (quello di riferimento è il 2012) in Campania si sono registrate 4.777 infrazioni accertate (nonostante la riduzione rispetto al 2011 del 10,3%), 3.394 persone denunciate e 34 arresti. Come ha scritto nel dossier il magistrato Donato Ceglie della Procura generale di Napoli: “La regione Campania, ma in particolare il territorio delle province di Napoli e Caserta, è un unico enorme disastro ambientale. Migliaia e migliaia sono le costruzioni abusive, le cave illegali, le discariche ove centinaia di criminali per decenni hanno interrato e smaltito illegalmente quantitativi ingentissimi di rifiuti. È il paesaggio stesso a essere stato alterato, abbrutito, mutato per sempre. L’articolo 9 della Costituzione, che obbliga lo stato a tutelare il paesaggio, è in questa regione abrogato”. Non meno dura la Commissione d’inchiesta sul Ciclo rifiuti, di cui anche il nostro settimanale “Sette” pubblicò a marzo la relazione completa approvata il 5 febbraio del 2013: “La catastrofe ambientale che è in atto e che sta sconvolgendo la città di Napoli e cospicue parti del territorio campano costituisce ormai un fenomeno di portata storica, paragonabile soltanto ai fenomeni di diffusione della peste seicentesca”. Le responsabilità per questa situazione ‘pestilenziale’ sono diverse; la catastrofe è attribuibile al ritardo con cui istituzioni, ma anche cittadini, si sono svegliati dal lungo torpore delle coscienze ed hanno capito che combattere l’illecito ambientale significava difendere la propria salute. Poi l’incapacità delle autorità locali e nazionali di mettere un freno alla cosiddetta “emergenza rifiuti” in Campania, che oltre a travolgere la regione socialmente e politicamente, ci ha fatto mettere pure all’indice dall’Unione europea (che in questi giorni sta pure chiedendo un carissimo conto). Non sono mancati, fortunatamente, i segnali positivi anche per quanto riguarda l’azione dello stato. È il caso della sentenza di primo grado relativa all’inchiesta Carosello Ultimo atto, coordinata dal pubblico ministero Maria Cristina Ribera, che ha visto la condanna dei responsabili di un vasto traffico di rifiuti, consumatosi tra il 2002 e il 2006 tra Acerra, Bacoli e Giugliano. Ma è da sottolineare anche il lavoro svolto dal prefetto Donato Cafagna nella cosiddetta Terra dei fuochi, che dopo anni di denunce cadute nel vuoto e di inerzia delle istituzioni, sta coordinando le prime, efficaci, risposte al fenomeno dei roghi di rifiuti, risalendo anche la filiera illegale dei materiali smaltiti illegalmente, dai vestiti usati agli scarti di pellame fino agli pneumatici fuori uso. Dal ciclo illegale dei rifiuti a quello del cemento, la gravità della situazione, purtroppo, non cambia: “Il settore dell’edilizia e il suo indotto (produzione del cemento e commercio di tutti i materiali essenziali per le costruzioni) – ha scandito il Procuratore generale di Napoli, Vittorio Martusciello nel suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario a Castel Capuano – rappresenta uno dei principali interessi della criminalità organizzata. Grazie anche a particolari intrecci con i preposti uffici degli enti locali, l’abusivismo edilizio continua a creare un disordinato sviluppo delle periferie”. A guadagnarci sono, ovviamente, i proprietari degli immobili abusivi e a rimetterci è lo stato, come ha denunciato il Procuratore regionale della Corte dei conti, Tommaso Cottone: “Nonostante l’accertata violazione, le occupazioni abusive sono continuate creando a volte la paradossale situazione che il costruttore abusivo non potendosi considerare proprietario dell’opera, rimarrebbe esonerato dagli oneri fiscali che normalmente gravano sulla proprietà (Imu). Sicché al danno si aggiunge la beffa della mancata entrata. L’occupazione, nella sostanza, finisce con risolversi in una sorta di plusvalore del manufatto abusivo”. La Corte dei conti, ha annunciato il procuratore Cottone, interverrà in maniera decisa: “È questa la sfida per il 2013. Stiamo procedendo a contestare l’ipotesi di responsabilità amministrativa nei confronti dei dirigenti e dei funzionari inadempienti che, con la loro inerzia, hanno tollerato l’abuso senza il risanamento del territorio, senza avviare una proficua utilizzazione del bene e rinunciando nel contempo a un’entrata tributaria gravante sull’immobile”. Uno dei tanti esempi dei danni erariali connessi all’illegalità ambientale su cui hanno acceso i riflettori diverse procure della Corte dei conti, non solo in Campania.

IL DATO NAZIONALE – Sono, come sempre, le quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa a occupare le prime posizioni della classifica. In testa a tutte si conferma la Campania, anche se fortunatamente il numero di reati denunciati dalle forze dell’ordine registra un’importante flessione, scendendo sotto quota 5.000 (esattamente 4.777 illeciti), con una riduzione del 10,3% rispetto al 2011. A crescere, invece, è la pressione dell’illegalità ambientale in Sicilia, che sale al secondo posto della classifica nazionale con 4.021 reati (+13,2% rispetto all’anno passato), scavalcando la Calabria. Stabili al quarto posto la Puglia, anche come numero di illeciti, e al quinto il Lazio, dove però aumenta il numero di reati accertati rispetto al 2011 (+13,7%). Sale di una posizione, collocandosi al sesto posto, la Toscana, con 2.524 illeciti, il 15,4% in più rispetto al 2011, superando la Sardegna, in settima posizione. Continua l’escalation dei reati ambientali accertati in Liguria, che diventa la prima regione del Nord, con 1.597 illeciti, il 9,1% in più rispetto al 2011. Tra le regioni che registrano gli incrementi più significativi sono da segnalare il Veneto, che con 995 illeciti passa dal quindicesimo all’undicesimo posto, il 18,9% in più rispetto all’anno passato, e l’Umbria, dal sedicesimo posto del 2011 al dodicesimo del 2012, con 953 infrazioni accertate dalle forze dell’ordine, con il 21,7% in più rispetto al 2011. Salerno e Napoli si confermano anche quest’anno come le prime due province per numero di reati ambientali, mentre Roma balza al terzo posto, con 1.268 illeciti, +31,7% rispetto al 2011. Una crescita determinata in particolare dal raddoppio del numero di illeciti riscontrati per quanto riguarda gli animali e la tutela della fauna (+106%) e dall’incremento del numero di incendi (+71%). Da segnalare, infine, l’ingresso in questa “top ten” dell’illegalità ambientale di due nuove province: quella di Palermo, che si colloca al sesto posto, con 1.013 illeciti (+ 59,5% sul 2011, anno i cui si collocava all’undicesimo posto) e quella di Perugia, decima, con 738 reati ambientali e una crescita del 27,9% rispetto al 2011, quando era in quindicesima posizione.

CEMENTO SELVAGGIO – La Campania resta in vetta alla classifica del cemento illegale: qui si consuma, infatti, il 13,9% di tutti i reati accertati nel nostro paese per quanto riguarda le attività illecite connesse al saccheggio del territorio. Sale al secondo posto la Puglia, che, però, è la regione con il maggior numero di persone denunciate nel corso del 2012 (1.147), mentre la Calabria occupa quest’anno la terza posizione, perdendone una rispetto al 2011. Quarta classificata è la Sicilia. Napoli diventa la prima provincia d’Italia per numero di reati, superando Salerno. E Reggio Calabria conquista la terza posizione, “new entry” Avellino (sesta, con 208 illeciti, mentre nel 2011 era sedicesima, con 112 reati).

RIFIUTI – Ennesimo triste primato della Campania, che guida anche quest’anno, come accade ormai dal primo rapporto Ecomafia del 1994, la classifica regionale per numero d’illeciti nel ciclo dei rifiuti. Il numero dei reati accertati dalle forze dell’ordine è addirittura in crescita rispetto al 2011, con un incremento del 12,6%, e così pure quello delle persone denunciate. La Calabria si conferma al secondo posto (con una leggera flessione dei reati rispetto al 2011) e la Puglia occupa stabilmente la terza posizione, ma con un significativo aumento degli illeciti (+24%). Napoli è di nuovo la prima provincia in Italia, con 303 reati, pari al 6% del totale nazionale, ma è impressionante il balzo al secondo posto di Vibo Valentia, in Calabria.

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