di Massimiliano Iollo (MaiDireCalcio)
Quando ti ritrovi con le mani nella segatura, difficilmente pensi che un giorno quelle stesse mani potrebbero posare un pallone sul dischetto in una partita di Premier League. Non è così, non è così per tutti, perché nei cantieri edili di Stansted, periferia londinese (zona famosa per l’ aereoporto), Dwight Gayle, un ragazzino con la passione per il calcio sognava di toccare il cielo con un dito. Scartato a 15 anni dall’ Academy dell’ Arsenal perché troppo piccolo fisicamente, ed impegnato solamente la sera con la squadra locale degli Airportman, decise di andare a lavorare, di “trovarsene uno serio” come dicono i soloni, per dare anche se piccolo, un contributo economico alla famiglia dalle umili abitudini e dal discreto tenore di vita.
Lo notarono gli scout del Dag & Red, esterrefatti dalla capacità d’esecuzione da killer di quel ragazzino. Poche parole per convince lui e famiglia, pochi secondi per prestarlo agli affiliati dei Bishop’s Strotford, militanti in Non League. E’ con la maglia dei Blues che a suon di goal, più di 40 nelle sole 50 partite giocate, si guadagna il ritorno a Dagenham prima, e l’ acquisto del Peterborough in Championship poi. Il 1 Dicembre 2012 segna il suo primo goal coi Posh, guadagnandosi nel post partita i commenti di stima del manager Darren Ferguson, figlio di Alex: “Dwight è un ragazzo che ascolta, che lavora sodo, apprende le cose in fretta. Se continua così, non vedo perché non possa diventare un grande giocatore”. Quando, a fronte dei 15 goal in competizioni ufficiali, il board delle Cambs gli offrì un contratto quadriennale da 500k, non credette ai suoi occhi.
Lui, da carpentiere con una paga inferiore alle 200 sterline settimanali, a calciatore professionista in uno dei campionati più spettacolari del globo. Il sogno però era appena iniziato, perché sulle sue tracce si parò uno dei guru della Football League, quel Ian Holloway che ha consacrato Zaha e scoperto Charlie Adam. 4.50 milioni di pounds ai Posh e via verso il grande calcio, via verso la gloriosa e storica maglia delle Eagles, via verso la Premier League. La preparazione è dura, il precampionato complicato, perché davanti ha gente esperta pronta a spedirlo in panchina per tutta la stagione. Poi arriva quel giorno, il 31° Agosto, arriva il giorno del match col Sunderland, arriva il fallo dell’ esperto O’Shea, arriva la decisione dell’ arbitro: rigore.
Senza esitazione prese la palla e proteggendola sotto al braccio fece capire ai compagni quanto era importante per lui coronare il suo sogno. I secondi che passaroo dal fischio dell’ arbitro al calcio alla palla sembrarono interminabili, lunghissimi, lunghi e difficili come i tempi in cui scartato dall’ Arsenal dovette sporcarsi le mani per guadagnarsi la famosa pagnotta. Arrivò il tiro, il tiro ad un sogno più che ad un pallone, Westwood intuì ma non ci arrivò: è goal. Il tripudio, l’ esultanza liberatoria, imitando il volo degli aereoplani, gli aereoplani che sfrecciavan sulla sua testa quando si allenava alla sera nei campi di periferia di Stansted. Questa è la storia di un ragazzo umile, di un ragazzo che non ha mai smesso di credere nei propri sogni. Questa è la storia di Dwight Gayle, il carpentiere dai piedi d’oro.