sabato, Novembre 23, 2024
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“Alarico”, una bacheca virtuale per salvare Abella

Un mosaico rinvenuto negli anni 20
Un mosaico rinvenuto negli anni 20

di Bianca Bianco

Avella. Lo hanno chiamato “Alarico”, come il re dei visigoti rimasto nella storia per il sacco di Roma. Ma lo spazio virtuale creato dai volontari del Gruppo archeologico avellano rimanda ad un altro sacco, quello che da decenni depreda Avella delle ricchezze del suo sottosuolo, delle opere d’arte. Come la “Pala della visitazione”, tela di ispirazione fiamminga scomparsa vent’anni fa dalla Chiesetta dei Sette preti, o il quadro del Settecento trafugato l’anno scorso nella Parrocchia del Purgatorio. Senza contare i reperti di epoca romana e pre-romana che oggi abbelliscono salotti invece che l’antiquarium di via De Sanctis. Lo spoglio dei beni archeologici avellani è una piaga che si è protratta per decenni: tombaroli al servizio di estimatori d’arte, semplici ladruncoli o cittadini incappati in una meraviglia d’altri tempi durante uno scavo edile hanno negli anni privato il paese di più del 40% delle sue risorse. Un danno che non ha scalfito irreparabilmente un patrimonio che resta enorme, ma che continua ad affliggere questo territorio baciato dalla storia. Per questo è nata la bacheca virtuale “Alarico” sul sito del Gruppo archeologico intitolato ad Amedeo Maiuri. Uno spazio di denuncia sui beni culturali oggetto di spoliazione: “ Alarico- spiegano i volontari dell’associazione che tra le tante attività si occupa anche della gestione dei siti- si pone come fine quello di informare, di sensibilizzare la comunità locale, gli organi preposti al controllo, affinché ci si adoperi per la salvaguardia e soprattutto, questo è lo scopo di quelle che abbiamo definito “pagine di spoliazione”, di creare un catalogo online dei beni scomparsi, danneggiati, rimaneggiati o addirittura distrutti, che possa servire come denuncia e come memoria”. Grazie alla memoria storica di alcuni cittadini ed alle ricerche dei volontari, la bacheca si sta componendo, riportando alla luce reperti andati persi per sempre: la testa leonina della fontana del Fusaro, trafugata due volte (prima l’originale, poi la copia); la Pala della Visitazione della Cappella dei Sette preti; un bassorilievo araldico nel Palazzo ducale. “La scomparsa o il furto di un bene artistico, storico o di un’opera d’arte- sostengono i soci del Gruppo archeologico- o la distruzione di qualche sito di interesse storico, comporta un danno alla comunità non solo avellana, è qualcosa che ci impoverisce e che ci fa arretrare”. Un affronto alla bellezza universale di un luogo scampato alla furia dei visigoti, che pure qui seminarono distruzione e morte, ma oggi ancora nelle mire di moderni Alarico.

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