di Bianca Bianco
Avella. Una scoperta che getta nuova luce su Abella. Il cippus, termine di confine venuto fuori da uno scavo archeologico lo scorso giugno in località San Paolino, costituisce l’ultima meraviglia riemersa del sottosuolo avellano. Un reperto che potrà spiegare il passaggio della cittadina dalla fase osca a quella romana e chiarire la definizione dei confini tra il II ed il I secolo avanti Cristo. Un rinvenimento importantissimo, tant’è che sarà oggetto di una giornata di approfondimento nel corso del Convegno Internazionale di Studi sulla Magna Grecia che si terrà fino a domani, 29 settembre, a Taranto. A presentare i risultati della loro campagna di scavi al consesso di archeologi, la soprintendente Adele Campanelli ed il funzionario archeologo Ida Gennarelli. Ed è proprio Ida Gennarelli a spiegare al “Mattino” l’unicità di una scoperta archeologica di cui parla con grande emozione: “Portare alla luce il quarto cippus è stata per noi una sensazione indescrivibile perché abbiamo subito intuito che sarà determinante per chiarire il fenomeno della definizione degli spazi tra lo scorcio del II e gli inizi del I secolo avanti Cristo ed a verificare il livello di condizionamento che le preesistenze esercitavano sulla costituzione di una nuova fase insediativa”. Il termine di confine è stato rinvenuto a cinquanta metri dal perimetro dell’anfiteatro romano, in un fondo privato appartenente alla famiglia Salapete. Si tratta di un’ epigrafe osca intestata ad un personaggio basilare nella storia di Abella, l’oligarca Maio Vestirikio, citato anche nel più famoso Cippus Abellanus oggi conservato nel Seminario di Nola. Anche la dinamica della scoperta è sensazionale. L’indagine è stata eseguita dalla dottoressa Natascia Pizzano sotto la direzione scientifica della funzionaria archeologa. “Quando pensavamo che il complesso lavoro di scavo non avesse dato frutti- spiega Gennarelli- abbiamo invece rinvenuto il cippo circondata da testimonianze di riti fondativi”. Intorno infatti vi erano ossa di animali, soprattutto suini, e ancora un rettangolo di grosse pietre all’interno del quale era una tibia umana associata a pesi da telaio, ed altri reperti. Eccezionale poi il fatto che il cippus sia stato ritrovato lì dove era stato collocato, e non decontestualizzato come avvenuto per le altre tre iscrizioni osche trovate ad Avella (il Cippus Abellanus era usato come soglia di una abitazione quando fu scoperto). Il contenuto dell’iscrizione è stato studiato dalla professoressa Rosalba Antonini e fa riferimento a Maio Vestirikio che effettua una “confinazione” pubblica, dunque testimonia anche il ruolo delle oligarchie locali nella romanizzazione della comunità. “Una scoperta che chiarisce e rende complessa quella fase storica dell’antica Abella- conclude Ida Gennarelli-. Un rinvenimento preziosissimo per le numerose risposte che potrà fornirci”.