di Bianca Bianco
MONTEFORTE IRPINO- Lo sguardo impaurito della piccola Arianna non lo dimenticherà mai. Quella maledetta sera fu lui a prenderla in braccio, a tirarla fuori dal groviglio di lamiere del bus diventato tomba. A liberarla dall’abbraccio protettivo della nonna, l’amata nonna che invece non è sopravvissuta al volo dal viadotto. Elio Valente guarda avanti e non si commuove quando parla di lei. Anzi sorride. Un mese fa, il 28 luglio, fu il primo ad arrivare ad Acqualonga. Abita a due passi dal luogo in cui il bus è precipitato, gestisce il vicino crossodromo. Lui e sua moglie udirono un boato, poi il fragore. Nessun dubbio, la loro fu una corsa contro il tempo per salvare i passeggeri. Tirarono fuori cinque bimbi, li tranquillizzarono, attesero i soccorsi. Cercarono di fare il possibile, davanti a loro l’inferno di corpi uno sull’altro, il sangue. Trenta giorni dopo è di nuovo qui, sotto il viadotto. Sono le otto e trenta del mattino, indossa gi abiti da lavoro. Prima ha assistito alla messa organizzata dalla parrocchia di Monteforte, ora ripulisce l’area diventata altare in memoria delle 39 vittime. Con lui ci sono due anziani che liberano il terreno dalle sterpaglie, lavorano in silenzio: “Questo posto deve essere pulito, in ordine- dice Elio- in rispetto della memoria di chi ha perso la vita. Stiamo pensando di costruirci una lapide o una piccola cappella, non vogliamo abbandonarli”.
E non li hanno abbandonati. Chi abita lungo questo lembo di provinciale che passa sotto l’autostrada ogni giorno si prende cura del santuario di Acqualonga. Si tengono accesi i lumini, si cambiano quelli consumati. In una catena di affetto che non si interromperà: “Siamo gente semplice. Dopo la tragedia ho parlato con tante persone di Pozzuoli, con i parenti di chi era sul pullman. Ci hanno detto tutti che il nostro cuore si è fatto sentire fin lì”.
Con alcuni di loro è ancora in contatto: “Sento spesso i genitori di Arianna con i quali si è creato un legame che andrà oltre i brutti ricordi. Andai a trovare la piccola al Santobono, pochi giorni fa sono venuti a vedere il posto in cui è morta la nonna. Ero con loro, la bimba si sta riprendendo, ce la farà”. Il sorriso di Elio si allarga quando nomina l’angelo sfuggito ad un destino feroce anche grazie al grande coraggio suo e di sua moglie. E’ solo un attimo, poi ripensa alla domenica in cui il tempo si è fermato. Guarda verso lo squarcio del viadotto, quei cento metri di barriera in cemento sbriciolati: “Da allora non smetto di pensarci. Come sia potuto accadere, di chi sia la colpa. La notte dell’incidente raccolsi un perno, una grossa vite che teneva il new jersey. Era consumato da sole e pioggia, sono almeno trent’anni che su questo tratto nessuno fa manutenzione. Se la barriera avesse resistito, non staremmo piangendo trentanove innocenti”. Il 3 settembre una delegazione di montefortesi sarà a Pozzuoli per il trigesimo nella cattedrale ; le famiglie delle vittime invece verranno qui in forma privata e separatamente. Elio Valente sta organizzando una commemorazione nel suo crossodromo: “Ogni anno ricordiamo Aniello Biancardi, un ragazzo morto in un incidente con la moto. Il 27 ottobre ricorderemo anche chi ha perso la vita e gli affetti nella strage del viadotto. Spero ci sarà pure il sindaco di Pozzuoli”. Alle 9 il santuario di Acqualonga è libero da erbacce e detriti. Elio e i due amici vanno via, devono lavorare. Un segno della croce ed una carezza alla foto. A presto, non vi dimenticheremo mai.