di Mariarosaria Alfieri
criminologa, presidente associazione Criminalt
La legge n.75 del 20 Febbraio 1958, più nota come la legge Merlin, decretava il definitivo divieto dell’esercizio della prostituzione e soprattutto della sua organizzazione in case (le cosiddette case chiuse) fino ad allora tollerate dallo stato. Ritenuta una sciagura intollerabile per alcuni, un toccasana per ecclesiastici di ieri e falsi perbenisti di oggi. Questo è stato nel corso degli anni l’atteggiamento della società nei confronti delle case di meretricio. Nel 1958 furono tutti concordi che il fenomeno della prostituzione potesse essere arginato solo con un cambiamento radicale. Oggi però le cose sono ben diverse. Oggi, tutto il paese sembra essere un “BORDELLO”. La prostituzione viene considerata devianza quasi in tutti i paesi, poiché il significato di tale termine è allargato a tutti quei comportamenti che possono facilitare la commissione di reati o dar luogo a comunanza di situazioni psicologiche e sociali di base con la criminalità. La prostituzione del resto è l’accentuazione notevole del masochismo che spinge la femmina a lasciarsi economicamente dominare dall’uomo. Sia dal protettore che le toglie i soldi, che dal cliente che la paga. Masochismo che è espressione di un inconscio senso di colpa legato al desiderio sessuale. Masochismo femminile in realtà strettamente condizionato dai rapporti che la donna ha avuto nel corso degli anni col padre, col quale viene vissuto il conflitto legato alla rinuncia d’identificazione con lo stesso. Interessante è anche la distinzione tra prostitute normali e patologiche. La prostituta normale è una donna priva di elementi psicopatologici di rilevanza clinica e al monte della scelta prostituiva agiscono solo fattori sociali, economici e psico-dinamici. Ella conserva per tutta la vita un controllo discreto sulla propria condotta, è capace di mantenere relazioni corrette con la sottocultura cui spesso appartiene o con la società. La prostituta patologica possiede viceversa caratteristiche psico-patologicamente rilevanti sin dall’inizio. Condizione che incide sulla scelta prostituiva e sul mantenimento di essa. La vita agisce sulla prostituta in modo negativo rafforzando e modificando le patologie. In Italia oggi, abbiamo due tipologie di prostituzione. Le donne schiave, ovvero le donne costrette a prostituirsi sotto ricatti, violenze. Si tratta di giovani donne, che vengono torturate e violentate da più persone, e poi vendute. Un business quello della tratta delle schiave sempre fiorente e sempre maggiormente legato alla malavita locale. Sono ragazze per lo più straniere, moldave, albanesi, rumene e nigeriane, che vengono avviate alla prostituzione fin da bambine. Vendute e rivendute da un protettore ad un altro. Vendono il proprio corpo per strada, a tariffe anche basse, si parte da 20 euro per un rapporto orale in macchina in un posto appartato non lontano da dove la donna viene avvicinata. Si arriva a pagare anche 80/100 euro per un rapporto completo. Vengono messe su strada solitamente nelle ore notturne. Ricevono una percentuale minima su quello che incassano. E se il padrone non è soddisfatto dell’incasso vengono brutalmente picchiate. Molte vengono ritrovate anche con segni di bruciature sul corpo. Molte sono anche minorenni che scappano dai loro paesi dove c’è guerra, fame, miseria. Sperano di trovare un paese migliore, civile e invece non sanno che già prima della loro partenza sono state vendute. Si tratta di donne letteralmente schiavizzate che perdono ogni forma di libertà e dignità umana. Totalmente differente dalla condizione delle donne schiave è invece il fenomeno delle “sex workers” – le lavoratrici del sesso. Donne che vendono il proprio corpo per professione, e a volte anche per piacere. Si tratta di donne tra i 30 e i 40 anni di bell’aspetto, che ricevono i clienti in strutture private, camere d’alberghi, finti centri benesseri, club privè. Si accompagnano ad una clientela scelta e una prestazione base arriva a costare anche 500 o 600 euro per poche ore. Tutti gli extra, comprese le cene e le apparizioni in pubblico con il cliente di turno vengono pagate a parte. Insomma una rivisitazione di “pretty woman” del nuovo millennio.