di Bianca Bianco (Il Mattino)
AVELLA- Il sottosuolo di Avella non smette di riservare scoperte, sorprese e spunti per gli studiosi. L’antica Abella è un inesauribile scrigno per gli archeologi che nel corso di scavi continuano a portare alla luce le tracce delle vestigia antiche del comune mandamentale e dei suoi fasti. Ed ecco che nel corso di un saggio preventivo compiuto all’interno di un fondo di proprietà privata è “spuntato” un «cippus», un termine di confine che reca una iscrizione osca che altre risposte potrà dare sul passato di Avella e che è già divenuto oggetto di ricerche ed approfondimenti da parte di esperti. Il rinvenimento del prezioso reperto è avvenuto a giugno, ma la notizia è venuta fuori solo pochi giorni fa grazie alla segnalazione del Gruppo archeologico avellano «A.Maiuri», un sodalizio locale votato alla valorizzazione del patrimonio culturale della zona e da anni impegnato nella promozione e nello studio dei beni di interesse storico. Gli archeologi hanno effettuato un saggio preventivo, ovvero una esplorazione dell’area non ancora invasiva, in un fondo di proprietà privata che si trova a poca distanza dal centro di Avella. Il terreno è in località San Pietro, ad est dell’anfiteatro romano. L’attività di ricerca è stata effettuata dall’archeologa Natascia Pizzano sotto la direzione della dottoressa Ida Gennarelli, responsabile dell’Ufficio archeologico di Avella. Nel corso dei delicatissimi lavori del pool di esperti è stato appunto rinvenuto un termine di confine con una iscrizione in lingua osca. Gli Osci erano una popolazione affine, soprattutto per l’idioma, agli etruschi, che abitavano Abella, città le cui origini sono precedenti la fondazione di Roma. Il termine di confine, da una prima analisi del reperto, dovrebbe essere un «cippo» fondativo della città, posto a delimitare quelle che forse erano le mura perimetrali di Abella. Non è la prima scoperta del genere nell’area; un cippo fondativo fu ritrovato ancora a San Pietro, sottolineano i rappresentanti del Gruppo archeologico, in via del Foro Avellano; si trattava anche allora di un’epigrafe osca che ricordava la costruzione di edifici pubblici ad opera del magistrato Maio Vestirikio. E secondo gli esperti non è escluso che anche il cippo appena riportato alla luce possa essere ricondotto a quel personaggio illustre, lo stesso che firmò il ben più noto «cippus abellanus» oggi conservato presso il Museo del Seminario vescovile a Nola.
L’eccezionalità di questo reperto è indiscutibile perché può aiutare a gettare nuova luce sulle origini osche di Avella e sulle contese coi nolani per gli sconfinamenti territoriali che negli anni determinarono numerose rappresaglie. Tant’è che è attualmente oggetto di studio da parte della dottoressa Rosalba Antonini, esperta in iscrizioni osche e già in passato arrivata in paese per effettuare saggi e scavi. Una volta conclusi gli studi, è probabile che il cippo venga esposto nell’Antiquarium, il museo che oggi si trova in via De Sanctis, presso l’Ufficio archeologico, e che è stato inaugurato nel 1996. Proprio per l’Antiquarium esistono piani di trasferimento dall’attuale sede a quella più prestigiosa del Palazzo Ducale. Un progetto che ha già ottenuto il placet della Soprintendenza e che aspetta solo i fondi regionali pari a circa un milione e mezzo di euro.