venerdì, Novembre 22, 2024
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Una sensazionale scoperta nel cuore di Nola, esperti da tutta la Campania per studiarla

domusdi Bianca Bianco

NOLA- Una scoperta nel cuore della cristianità nolana, destinata ad incidere sulla visione della storia della fede. Una indagine archeologica voluta e sovvenzionata dalla Curia di Nola che ha permesso di scoprire che sotto la Cattedrale della città esistono i resti di una domus ecclesiae, cioè di una casa privata che veniva usata per il culto religioso dalla fine del primo secolo dopo Cristo. Un rinvenimento importante, che permetterà di spiegare come pregavano e dove i cristiani prima dell’editto di Costantinopoli con cui si ufficializzò la religione cristiana, per la quale prima erano perseguitati. La scoperta risale a marzo, e giovedì 11 luglio verrà illustrata nel corso di un vero e proprio seminario di studi presso il salone della curia vescovile di Nola.    Una intensa giornata di studio e confronto (dalle 9:30 alle 12:30 e dalle 15:30alle 18:30), sulle recenti indagini archeologiche che hanno portato alla luce il prezioso reperto di età romana, probabilmente utilizzata nei primi secoli del cristianesimo come luogo di ritrovo della comunità cristiana. Il convegno, che vede la partecipazione di studiosi di diversi ambiti disciplinari, sarà anche l’occasione per affrontare alcuni aspetti del culto reso in questo luogo da tempo immemorabile a san Felice, primo vescovo di Nola e martire.

LA RICERCA– L’indagine archeologica è iniziata a marzo e riguarda la cripta di San Felice, quella, per intenderci, in cui ogni anno (il 15 novembre e l’8 dicembre) si perpetua il miracolo della manna. Siamo nel Duomo, in quella che era l’insula episcopalis di Nola. Gli scavi archeologici autorizzati dalla Soprintendenza Speciale per i beni Archeologici di Napoli e Pompei e dalla Soprintendenza  di Napoli e Provincia, stanno consentendo di portare alla luce forse la più antica casa per il culto dei cristiani perseguitati, forse la prima in Campania visto che di solito si sono scoperte a Roma. Le domus ecclesiae erano case private in cui i cristiani si riunivano per pregare; nel caso di quella rinvenuta sotto il Duomo, il sospetto che si trattasse proprio di un edificio privato di culto è dato dalla localizzazione sotto la chiesa, e dalla presenza di documenti dell’archivio diocesano ed altre fonti. A volere l’indagine archeologica è stata la Diocesi di Nola, il vescovo Depalma in primis e poi il vicario monsignor Lino D’Onofrio, che ha poi ufficializzato la notizia, il parroco della cattedrale don Mimmo De Risi. Il finanziamento è arrivato dal cancelliere don Angelo Masullo, mentre la soprintendenza archeologica guidata dalla dottoressa Teresa Cinquantaquattro ha autorizzato gli scavi.

L’EQUIPE – Diversi gli studiosi, i ricercatori, gli archeologi che stanno componendo lo staff di lavoro incaricato di questa delicatissima ed importante indagine: Filippo Terrasi e Isabella Passariello del centro Circe di Caserta, per l’utilizzo di tecniche diagnostiche e archeometriche, quali la datazioni delle malte mediante la misurazione radiocarbonica; Giovanni Cavaccini della Bytest di Benevento per le indagini non distruttive (termografia, ultrasuoni, endoscopia, radiografia; Angela Mormone e Mauro Antonio Di Vito dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia per la caratterizzazione mineralogica e l’analisi delle malte antiche utilizzate comparate con quelle di altri siti d’interesse sia di età classica che paleocristiana e altomedievale dell’area nolana (anfiteatro di Nola, resti dell’edificio di epoca romana di Via San Felice, basiliche di Cimitile, chiesa altomedievale di Schiava di Tufino); Filomena Lomoriello per la calcimetria e la rifrazione a raggi x su campioni degli intonaci affrescati della parete occidentale della cripta mentre le eventuali analisi antropologiche saranno affidate alla dottoressa Marielva Torino, paleopatologa,  (entrambe dell’Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa). L’equipe di lavoro è composta anche da Sergio Cascella, archeologo, sta procedendo con la catalogazione e lo studio di tutti i materiali lapidei erratici di età romana conservati nell’insula episcopalis, dalla direttrice dell’Ufficio Beni Culturali diocesano Tonia Solpietro che si occupa dello spoglio e della rilettura critica delle fonti d’archivio disponibili. Infine Nicola Castaldo ed Emilio Castaldo, archeologo ed architetto, stanno ricostruendo la mappa di Nola e dell’insula episcopalis. A sovrintendere l’indagine, il funzionario della Soprintendenza Giuseppe Vecchio,coordinato dall’archeologo Nicola Castaldo.  

L’ARCHEOLOGO-Proprio quest’ultimo spiega l’importanza di questa indagine, che vede impegnati, talora gratis, le migliori professionalità della zona e impiegate strumentazioni raffinate. “E’ sicuramente una scoperta significativa- afferma Castaldo, che è stato anche l’archeologo che ha portato alla luce i resti delle capanne dell’età del bronzo di via Croce del Papa-. Già in passato si è indagato ‘sotto’ la Cattedrale e nella Cripta, laddove Ambrogio Leone, nei suoi testi, dichiarava esservi un tempio. Ipotesi smentita, lì sotto non c’è un tempio ma una domus ecclesiae”.  “Ora- continua Castaldo-le indagini devono proseguire per comprendere perché la Cattedrale sorga su questo edificio e non su un tempio, come avviene in altri luoghi, e dimostrrare appunto che quella era una casa per il culto dei cristiani”. Che questa possa essere una scoperta sensazionale lo afferma, con la dovuta prudenza, lo stesso Castaldo: “Sì, è una scoperta importante che può riscrivere la storia religiosa nella nostra Regione. Stiamo parlando di resti di un edificio di età romana inglobato in una fabbrica altomedievale, per giunta ben conservati; una scoperta singolare che aiuterà a capire il rapporto con gli edifici di culto successivi, come fai quell’edificio fu inglobato nella fabbrica successiva, a cosa veniva utilizzato, perché sopra si costruì un edificio di culto”. Domande che condurranno all’unica risposta plausibile: quella era una domus ecclesiae. Dopo le indagini stratigrafiche condotte finora, spiega Castaldo “ora ci saranno quelle diagnostiche per capire la presenza di altre stratificazioni”. Si procede con lentezza e prudenza, ma le indagini sono alla loro fase conclusiva, anche per questo dalla Curia è arrivata l’ufficializzazione. Dopo la scoperta “i luoghi verranno preservati” ovviamente, e quel “primigenio luogo di fede nolano” sarà restituito alla conoscenza; nel frattempo, la cripta resta chiusa.  

DAL VILLAGGIO ALLA DOMUS Questa nuova ‘scoperta’ nel sottosuolo nolano lascia comprendere la ricchezza storica ed archeologica della città. Una città che ‘regala’ alla storia il villaggio dell’età del bronzo, l’anfiteatro, ora i resti di un edificio di culto per i cristiani perseguitati, e che l’anno scorso ha restituito importanti scoperte anche presso la Circumvesuviana. Nola è un incubatore di storia, cultura ed archeologia sottostimato e sottoutilizzato. Chiediamo una opinione proprio a Nicola Castaldo, riferendoci proprio al destino crudele del villaggio di via Croce del papa, sommerso dall’acqua della falda sottostante: “Per il Villaggio è stato finora fatto il possibile e lo si sta facendo ancora, ed è da apprezzare lo sforzo sinergico di tutti gli enti coinvolti. Ma il problema è di trovare una soluzione che concili la fruizione del bene con la sua tutela, e per questo servono seri investimenti”. La fruizione però non si consente con l’interramento voluto dalla Soprintendenza, o lei la pensa diversamente? “Il villaggio è unico al mondo e va tutelato, questo è il punto di partenza. Poi bisogna capire come tutelarlo al meglio. Io credo che anche l’interramento possa essere utile, ma solo in mancanza di altre strategie per preservarlo. Anche perché quello che è rimasto, in questo caso le capanne, vanno mostrate al pubblico”. Rispetto a quanto si fa per la valorizzazione dei beni archeologici cittadini, Castaldo chiede più impegno: “Nola è un tassello della realtà archeologica di un puzzle più ampio che è quello campano. E’ una risorsa che tutti devono contribuire a tutelare, dagli enti alle associazioni, dalle persone di cultura ai mass media. Ognuno deve fare la sua parte”.

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